Pecorino Romano: i rincari preoccupano il consorzio

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“È un momento molto complicato, in cui l’intera filiera è soggetta a pesanti rincari. Rincari che pesano sugli allevatori ma anche sui trasformatori, e che di fatto vanificano tutti gli sforzi fatti finora per portare il Pecorino Romano a un valore mai raggiunto sul mercato, azzerando l’aumentato margine di guadagno per la necessità di dover far fronte a costi di produzione alle stelle”. L’allarme è del presidente del Consorzio di tutela del Pecorino Romano, Gianni Maoddi.

Rinegoziazione con le banche

“Abbiamo negoziato con alcune banche l’aggiornamento dei costi di produzione del Pecorino Romano sottoposto a pegno rotativo, in modo da poter garantire un prestito più adeguato a chi ne faccia richiesta, per aiutarlo ad affrontare gli aumenti che interessano l’intera filiera” spiega il presidente.

Il tavolo dell’ovicaprino

Su una produzione nazionale di 550 milioni di litri di latte, oltre 200 sono stati utilizzati nella campagna 2021 per la trasformazione in Pecorino Romano di 340mila quintali. “Sono numeri importanti che ci permettono di avere un posto da protagonisti al tavolo ovicaprino nazionale, ma che rischiano di essere compromessi da aumenti davvero senza precedenti” ribadisce Maoddi. Il tavolo convocato a Roma è stato anche l’occasione per illustrare alcune delle più importanti azioni messe a punto negli ultimi anni per sostenere, rilanciare e diversificare la Dop, con l’obiettivo di allargare la presenza del prodotto nei mercati internazionali, oltre che in quello nazionale. In merito alle modifiche al disciplinare di produzione, ora nelle mani del ministero che dovrà esaminarlo in conferenza delle regioni Maoddi afferma: “Ci auguriamo che da Roma si pronuncino in maniera positiva nel più breve tempo possibile, perché ci sono risposte commerciali importanti che dobbiamo dare al mercato”.

Il calo della produzione

Fra ottobre 2021 e marzo 2022 la produzione di Pecorino Romano ha ceduto il 10% rispetto a quella della campagna precedente. Diverse le ragioni: carenza di latte dovuta alla situazione non ottimale delle greggi; ritardi dei parti; e, soprattutto, la recrudescenza della blue tongue; e, infine, carenza di pascoli ma anche di materie prime. Il calo della resa casearia ammonterebbe a circa 10.000 quintali di prodotto.