Registrazione di nomi IGP: la Commissione non è vincolata alla valutazione preliminare nazionale

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La Commissione dispone di un margine di valutazione autonoma per verificare che la domanda soddisfi le condizioni di ammissibilità alla registrazione previste dal diritto UE

Antefatto

Nel 2014, i nomi «Jambon sec de Corse»/«Jambon sec de Corse – Prisuttu», «Lonzo de Corse»/«Lonzo de Corse – Lonzu» e «Coppa de Corse»/«Coppa de Corse – Coppa di Corsica» sono stati oggetto di registrazione come DOP.

Nel 2015 il Cunsorziu di i Salamaghji Corsi – Consortium des Charcutiers Corses (in prosieguo: il «Consortium») ha chiesto alle autorità nazionali francesi, in applicazione del regolamento n. 1151/2012, di registrare i nomi «Jambon sec de l’Île de Beauté», «Lonzo de l’Île de Beauté» e «Coppa de l’Île de Beauté» come IGP.

Nel 2018 tali autorità hanno adottato decreti recanti omologazione dei relativi disciplinari, ai fini della loro trasmissione alla Commissione europea per approvazione.

Il sindacato titolare dei disciplinari delle DOP «Jambon sec de Corse – Prisuttu», «Lonzo de Corse – Lonzu» e «Coppa de Corse – Coppa di Corsica» ha chiesto l’annullamento di tali decreti dinanzi al Consiglio di Stato francese. Esso ha affermato che il termine «Île de Beauté» (isola di bellezza) imitava o evocava il termine «Corse» (Corsica) e creava, quindi, confusione con i nomi già registrati come DOP. Il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha respinto tale domanda con la motivazione che, in particolare, l’impiego di termini differenti e la diversità delle protezioni conferite da una DOP, da un lato, e da un’IGP, dall’altro, sono idonei a escludere il rischio di confusione in parola.

Con la decisione di esecuzione 2021/1879, tuttavia, la Commissione ha rifiutato la registrazione come IGP dei nomi «Jambon sec de l’Île de Beauté», «Lonzo de l’Île de Beauté» e «Coppa de l’Île de Beauté». Essa ha ritenuto, tra l’altro, che fosse di dominio pubblico che il nome «Île de Beauté» costituisce un’espressione corrente che, per i consumatori francesi, designa univocamente la Corsica. Pertanto, i nomi proposti costituirebbero una violazione della protezione concessa alle DOP di cui trattasi dall’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012. Pertanto, essi non soddisfarebbero le condizioni di ammissibilità alla registrazione, vale a dire l’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1151/2012.

Respinto il ricorso del Consortium

Benché sia la Corte di giustizia europea che il Tribunale abbiano già avuto occasione di pronunciarsi sulla portata del controllo delle domande di registrazione da parte della Commissione, la causa T-34/22 porta il Tribunale a statuire per la prima volta sull’ammissibilità di un nome alla registrazione.

A maggior ragione dopo che autorità e organi giurisdizionali nazionali hanno ritenuto che i consumatori normalmente informati e ragionevolmente attenti e avveduti, posti di fronte alle IGP richieste, non penserebbero direttamente, come immagine di riferimento, ai prodotti che beneficiano delle DOP già registrate.

Inoltre, è sempre per la prima volta che il Tribunale UE si pronuncia sulla possibilità, per la Commissione, di rifiutare la registrazione di un nome sulla base del combinato disposto dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), e dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012.

Il giudizio del Tribunale

Il Tribunale respinge il motivo di ricorso secondo il quale la Commissione avrebbe ecceduto le sue competenze e violato l’autorità di cosa giudicata.

In merito alla competenza della Commissione, il Tribunale constata, in primo luogo, che l’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1151/2012, in combinato disposto con l’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento, può costituire un valido fondamento giuridico per rifiutare la registrazione di un nome. Indubbiamente, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), è specificamente relativo al «disciplinare» del nome oggetto di una domanda di protezione. Tuttavia, la questione dell’evocazione di cui all’articolo 13 è alla base dell’ammissibilità alla registrazione ai sensi di tale disposizione. Infatti, la Commissione deve valutare, in conformità all’articolo 50, paragrafo 1, del regolamento n. 1151/2012, letto alla luce del considerando 58 di quest’ultimo, in esito a un esame approfondito, se il disciplinare che accompagna la domanda di registrazione contenga gli elementi richiesti da tale regolamento e se detti elementi non siano viziati da errori manifesti.

Tale disciplinare, la cui elaborazione costituisce una fase necessaria del procedimento di registrazione, deve, in particolare, comprendere il nome di cui si chiede la protezione quale «utilizzat[o] nel commercio o nel linguaggio comune». Ne consegue che la Commissione deve verificare che tale utilizzo non violi la protezione contro l’evocazione prevista all’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012. Infatti, ammettere la registrazione di un’IGP benché la stessa sia evocativa di una DOP già registrata priverebbe di effetto utile la protezione prevista dall’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), poiché, una volta registrato tale nome come IGP, la denominazione precedentemente registrata come DOP non potrebbe più beneficiare, nei confronti di quest’ultimo, della protezione prevista in tale disposizione.

Pertanto, la Commissione non può essere tenuta a concedere la registrazione di un nome laddove consideri illecito l’uso dello stesso nel commercio.

In secondo luogo, il Tribunale precisa la portata dell’esame da parte della Commissione della conformità dei nomi alle condizioni previste nel regolamento n. 1151/2012.

A tal riguardo, la Commissione deve procedere all’esame approfondito delle domande, con mezzi appropriati, per assicurarsi che esse non contengano errori manifesti e per garantire che sia tenuto conto del diritto dell’UE e degli interessi dei soggetti interessati al di fuori dello Stato membro di presentazione della domanda.

In terzo luogo, la Commissione dispone di un margine di valutazione diverso a seconda che si tratti della prima fase del procedimento di registrazione di un nome – ossia quella nel cui corso sono raccolti i documenti che compongono il fascicolo della domanda di registrazione che le autorità nazionali eventualmente le trasmetteranno ­– oppure della seconda fase di tale procedimento, ossia il suo proprio esame delle domande di registrazione.

Mentre risulta dalla giurisprudenza  che, per quanto riguarda la prima delle due fasi, la Commissione dispone solo di un margine «limitato o inesistente» di valutazione, essa dispone invece di un margine di valutazione autonoma relativamente alla decisione di registrare un nome come DOP o IGP alla luce delle condizioni di ammissibilità alla registrazione previste all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1151/2012, in combinato disposto con l’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento.

Per quanto concerne l’asserita violazione dell’autorità di cosa giudicata, il Tribunale aggiunge che una decisione di un organo giurisdizionale nazionale passata in giudicato, la quale stabilisca che non vi era rischio di evocazione, per i consumatori normalmente informati e ragionevolmente attenti e avveduti, tra le DOP registrate e le IGP richieste, non può essere invocata per mettere in discussione la valutazione autonoma, da parte della Commissione, di tali condizioni di ammissibilità.