“Allevatori” di formaggio. Dal 1876

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La Luigi Guffanti 1876 propone interessanti unicità come i formaggi delle Valli del Bitto della Valgerola, selezioni di Parmigiano-Reggiano di collina stagionate 6-7-8 anni, spettacolari tome di alpeggio a latte crudo prodotte in estate sull’arco alpino italiano
La Luigi Guffanti 1876 propone interessanti unicità come i formaggi delle Valli del Bitto della Valgerola, selezioni di Parmigiano-Reggiano di collina stagionate 6-7-8 anni, spettacolari tome di alpeggio a latte crudo prodotte in estate sull’arco alpino italiano

L’ampia e attuale sede era un vecchio salumificio…

Lo stabile dove ci trasferimmo era su tre piani… Ma quello che ci interessava e affascinava era sicuramente l’interrato, qui avremmo potuto stagionare e affinare i nostri formaggi. Fu un duro colpo all’inizio quando vedemmo che i formaggi posti a maturare in questi ambienti, si trasformavano sviluppando connotazioni completamente diverse da quelle a cui eravamo abituati. D’altronde qui i formaggi non c’erano mai stati! Ci vollero mesi prima che si sviluppasse quell’“affiatamento” tra prodotto e ambiente di stagionatura.

Oggi, anche se questi spazi cominciano a essere stretti per le nostre esigenze commerciali, anche se la location risulta poco funzionale, poiché essendo su tre piani impone continui sali scendi con montacarichi e scale, e più di una volta qualche pensiero sul trasferimento in altra sede è stato fatto, non vorremmo cambiare la nostra cantina di affinamento per nulla al mondo. È impagabile la ricchezza di questa cantina per la gestione dei nostri formaggi. Qui il formaggio matura in ambiente idoneo per poter essere proposto nella sua massima espressione organolettica.

L’azienda ha puntato sulla gamma creando una selezione rappresentativa di prodotti che abbracciano il panorama caseario italiano
L’azienda ha puntato sulla gamma creando una selezione rappresentativa di prodotti che
abbracciano il panorama caseario italiano

Temperatura e umidità costante, tutto l’anno!

Non c’è forzatura, qui il microclima è naturale e sempre costante. È vero, ci siamo dotati di un impianto statico di refrigerazione per ottemperare alle disposizioni di legge, ma raramente entra in funzione come in quell’estate del 2003, quando le temperature furono talmente torride che anche le cantine ne risentirono! La temperatura varia tra i 9 e 10°C, complice anche la maggiore o minor presenza di formaggi sugli scaffali; l’umidità, che manteniamo tra l’80% e il 90%, va accomodata la sera bagnando i pavimenti con un po’ d’acqua. Nient’altro! Le cantine sono suddivise in diversi ambienti, ciascuno ospita precise tipologie di formaggio, e quando, per motivi di stagionalità, il prodotto non c’è i suoi scaffali rimangono vuoti.

Abbiamo la cantina del Parmigiano-Reggiano, quella dei formaggi di capra e di pecora, del Taleggio e del Quartirolo, dei formaggi del Nordest – Montasio, Asiago, Monte Veronese… –, dei formaggi di latteria e di quelli d’alpeggio, del Comté e del Bitto. Il Comté è l’unico prodotto estero che stagioniamo, è un ottimo formaggio per stagionature oltre i 24 mesi che ben si presta sia al consumo tal quale, sia per la fonduta o lavorazioni in cucina.

Avete delle interessanti unicità come…

…i formaggi delle Valli del Bitto della Valgerola, un fantastico formaggio prodotto in alpeggio con importanti percentuali di latte di capra! Abbiamo selezioni di Parmigiano-Reggiano di collina stagionate 6-7-8 anni e anche spettacolari tome di alpeggio a latte crudo prodotte in estate sull’arco alpino italiano. Prodotti dove hai storia e parole da spendere. Gusti e caratteristiche diversi rispetto a formaggi più classici, ma lasciamo ai consumatori l’ardua sentenza….

Tutto comincia a centinaia di chilometri di distanza, in una malga in montagna, in caseificio o in una latteria…

Noi selezioniamo il produttore e il prodotto che ci portiamo a casa. Per questo, insieme a mio padre, cerchiamo di far visita a tutti i fornitori. Impresa ardua: sono più di 200! Per noi è fondamentale vedere, capire, imparare, renderci conto della situazione produttiva dei nostri partner – così ritengo siano i miei fornitori. Siamo sempre alla ricerca di formaggi prodotti ottemperando tutte le disposizioni di legge, ma che abbiano caratteristiche ben definite, caratteristiche dalle quali, con un adeguato affinamento, possiamo ottenere un grande formaggio che arrivi in tavola al top delle sue connotazioni organolettiche e strutturali.

I francesi lo definirebbero “a point”, ovvero stagionato/affinato al punto giusto… Noi non abbiamo formaggi vecchi o invecchiati, è vero alcuni formaggi subiscono lunghe stagionature, ma questo perché è la loro prerogativa e solo così riescono a esprimere appieno le loro peculiarità. A volte per nostra sperimentazione o anche per richieste dei clienti facciamo evolvere il formaggio fino a farlo diventare “stravecchio”, in questo caso portiamo certamente il prodotto oltre la soglia ottimale di maturazione, soglia per cui il formaggio è pur sempre edibile, ma subisce un cambiamento netto e distinto nelle sue caratteristiche organolettiche e strutturali. Non è un formaggio né decaduto, né immangiabile, ma presenta caratteristiche che si discostano mediamente dalle peculiarità di quel formaggio, peculiarità che con l’affinamento sono state portate all’estremo.

Il formaggio “pronto” a puntino…

Mi piace, a questo proposito, evidenziare in che cosa consiste il nostro lavoro sul formaggio. La stagionatura/affinamento che “applichiamo” ai nostri formaggi lo ritengo l’ultimo piccolo anello del ciclo produttivo di un prodotto. Infatti, tendo a paragonare un formaggio troppo fresco, acerbo, non ancora maturo, a un vino stappato troppo giovane. In entrambi i casi avremmo commesso una leggerezza. Non verrà, infatti, valorizzato il lavoro fatto a monte dal casaro o dal vignaiolo, si perderanno all’assaggio gran parte delle peculiarità che caratterizzano quel prodotto con un giusto grado di stagionatura/affinamento. Il formaggio – latte, caglio e sale – ha una continua evoluzione fisiologica dacché è prodotto; solo l’esperienza e la sensibilità di chi lo affina consentirà di consegnare al consumatore il formaggio al top del suo “splendore sensoriale”.

Come vi definireste: affinatori di formaggio?

In termini di legge siamo dei “grossisti”, la professione dell’affinatore in Italia non è con templata dal punto di vista normativo, lo è, invece, in Francia. Ci piace simpaticamente definirci “allevatori” di formaggio. I formaggi che mettiamo in cantina sono le nostre creature, i nostri “bambini” e come tali vanno cresciuti e allevati. Non tutti i bambini sono uguali, non tutti i formaggi lo sono; ognuno ha le sue attitudini, le sue potenzialità, capacità e inclinazioni che chi li cresce deve essere in grado di sapere sapientemente valorizzare. Ogni formaggio può anche avere delle problematiche: tocca all’affinatore gestirle nel miglior modo possibile…

I vostri formaggi non sono “facili”…

Sicuramente! E qui tolgo il cappello dell’affinatore per vestire quello di commerciale che il prodotto lo deve vendere. Il nostro non è un formaggio facile perché, innanzitutto, ha caratteristiche ben definite. Nella nostra gamma non ci sono formaggi che possono essere confusi tra loro o con altri: chi assaggia un nostro prodotto, lo ricorda bene, non dimentica quel gusto, quella struttura. Un aspetto positivo, che a volte commercialmente può essere anche un limite, perché non tutti i palati gradiscono formaggi con una spiccata personalità. Certi nostri formaggi poi esteticamente si presentano in maniera inusuale, vuoi per le stagionatura, vuoi per il tipo di lavorazione che porta allo sviluppo di muffe e colori in crosta particolari…

Il cliente si trova al cospetto di prodotti che, magari, non aveva mai visto prima: è quindi umana una certa diffidenza! Certi nostri formaggi hanno perciò bisogno di un minimo di conoscenza per poterli apprezzare, capire. Per questo puntiamo molto sulla formazione: interna, perché chi lavora con noi deve conoscere a fondo il bene che l’azienda produce; esterna – clienti e consumatori – perché è fondamentale avere interlocutori competenti, informati, è fondamentale creare cultura e conoscenza casearia.

Nessuna forzatura, ciascun formaggio della selezione Guffanti stagiona nelle cantine fino al giusto punto di maturazione
Nessuna forzatura, ciascun formaggio della selezione
Guffanti stagiona nelle cantine fino al giusto punto di maturazione

La vostra forza è la gamma. Come l’avete costruita?

Viviamo di gamma… Per questo abbiamo cercato di creare una selezione rappresentativa di prodotti che abbraccino il panorama caseario italiano. Certo un’idea ambiziosa pensando all’insuperabile offerta casearia che il nostro Paese propone! De Gaulle diceva che era impossibile governare un Paese, la Francia, che aveva più formaggi che giorni dell’anno. Checché ne dicesse de Gaulle, rispetto alla Francia l’Italia ha una ricchezza, in tipologie e famiglie di formaggi, straordinaria che anche i francesi ci invidiano! Un criterio di selezione per Guffanti è, quindi, la tipologia. Poi, c’è la scelta partendo dalle caratteristiche intrinseche del prodotto che deve essere ottenuto utilizzando soltanto tre ingredienti: latte, caglio e sale. Dei tre ingredienti, fondamentale sarà poi il latte di partenza, e qui grande attenzione poniamo su come il produttore alleva si suoi animali, come li nutre…

C’è poi il fattore umano…

L’esperienza del casaro, le sue capacità, la sua sensibilità, rappresentano un altro criterio di scelta. Assodato tutto ciò, il prodotto deve avere caratteristiche intrinseche definite, il formaggio deve avere una sua personalità.

La selezione dei formaggi non è, quindi, dettata da mere esigenze commerciali.

Creare una gamma ampia di prodotti al fine di soddisfare la nostra clientela è giocoforza una strategia commerciale, certo non scegliamo i formaggi basandoci su numeri e statistiche di vendita!

A proposito di numeri: l’estero sta diventando sempre più importante per voi.

È un mercato che ci dà parecchia soddisfazione. Oggi oltre il 60% della nostra produzione va all’estero: parte dell’Europa, Stati Uniti, Hong Kong, Giappone, Australia, Asia, recentemente anche India ed Emirati Arabi. L’estero ci ha permesso di incrementare il lavoro in termini di volumi, pur fatta salva la gamma di prodotti che proponiamo. La Luigi Guffanti Formaggi 1876 si è quindi strutturata per cogliere al meglio le occasioni commerciali che offre un mercato estero molto promettente. Il gap con l’Italia sta sempre più crescendo, complice sicuramente la crisi economica dalla quale il nostro Paese stenta a uscire. Per quanto riguarda il mercato italiano, non abbiamo perso clienti, ma sono gli ordinativi a calare.

Il cliente straniero conosce i nostri formaggi?

In molti Paesi il made in Italy ha un appeal impressionante. Penso al Giappone dove grande è la sensibilità nei confronti del prodotto italiano, non solo alimentare. Oggi d’altronde la gente, ha molte più occasioni di viaggiare e di conoscere le specialità gastronomiche, da qui nasce l’esigenza di portare in tavola le specialità italiane. La richiesta, quindi, c’è, ma soddisfarla è tutt’altra cosa. Non ci troviamo più di fronte al cliente impreparato! Oggi chi compra è preparatissimo, mi sorprendo sempre quando mi trovo a parlare di formaggio con operatori stranieri, che hanno maturato competenze sul prodotto straordinarie, frutto spesso di studi approfonditi nei Paesi a tradizione casearia. Questo livello culturale così elevato, ha innalzato i parametri qualitativi richiesti. Solo quindi le aziende capaci di fornire prodotti di elevata qualità e servizio avranno chance di sviluppo concrete all’estero. Le aziende che fanno eccellenza e qualità hanno, di fatto, un mercato vergine all’estero da esplorare.

Il vostro futuro?

Naturalmente nel mercato globalizzato. Anche se non abbandoneremo certo l’Italia, stiamo molto a vedere che cosa succederà nel nostro Paese. Per il resto continueremo a essere tassativi sulla qualità dei nostri formaggi che stanno per compiere 140 anni di storia!