L’acidità di titolazione: significato e applicazioni

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Tra le più utilizzate determinazioni analitiche in ambito lattiero-caseario, l’acidità di titolazione fornisce importanti indicazioni sulla qualità del latte, sulla sua attitudine a successive trasformazioni e sul corretto andamento di alcuni suoi processi di lavorazione.

L’acidità è uno dei parametri chimici più importanti per comprendere la qualità del latte. A tal fine, le determinazioni dei valori di pH e dell’acidità di titolazione sono gli approcci analitici più utilizzati. Sebbene in qualche modo tra loro dipendenti, i due valori forniscono indicazioni diverse e complementari sull’acidità del latte. Il pH misura la concentrazione di ioni idrogeno in soluzione e, in un certo senso, esso rappresenta l’acidità attuale del latte. L’acidità di titolazione rappresenta invece l’acidità naturale del latte che, come vedremo, è l’insieme di alcune funzioni acide apportate da proteine, sali minerali e acidi organici presenti nel latte.

In termini analitici, titolare significa portare una soluzione da un determinato valore di pH ad un altro neutralizzando funzioni acide o basiche rispettivamente mediante aggiunta di basi o acidi. Nel caso del latte, l’acidità di titolazione si determina aggiungendo a un volume noto di latte (50 o 100 mL) una soluzione a titolo noto di idrossido di sodio (NaOH) fino a pH 8,4. La verifica del raggiungimento del pH di titolazione viene effettuata con pHmetro o, più comunemente, monitorando il viraggio della fenolftaleina (indicatore acido/base aggunto al latte prima della titolazione) che si manifesta con la comparsa di una colorazione rosa. L’acidità di titolazione si esprime normalmente in gradi Soxhlet-Henkel (°SH) su 50 o 100 mL di latte. In questo caso, un grado °SH equivale a 1 mL di soda N/4 (0,25 N). Valori normali di acidità del latte fresco sono compresi fra 6,0 e 8,0 °SH/100 mL. Quando l’acidità di titolazione è espressa in gradi Dornic (°D) per la titolazione viene utilizzata soda N/9 (0,11N). Un °D equivale quindi a 4/9 °SH (Tabella 1). L’acidità del latte fresco è perciò pari a 13,5-18,0 °D. L’utilità dei gradi Dornic è collegata al fatto che un °D equivale alla quantità di soda necessaria per neutralizzare 10 mg di acido lattico. I gradi Dornic possono essere così facilmente trasformati in mg di acido lattico per 100 mL di latte (Tabella 1). Bisogna tuttavia ricordare che il latte fresco normale non contiene acido lattico (<50 mg/L). È appropriato esprimere l’acidità in acido lattico solo per definire l’acidità di latti fermentati, innesti e, in genere, nei prodotti lattiero-caseari con forte acidità di sviluppo.

Tabella 1. Fattori di conversione tra °SH/100 mL, °D/100 mL e contenuto (mg/100 mL) di acido lattico

°SH °D acido lattico
1 2.25 22,5
4/9 1 10

Per comprendere quali funzioni acide vengono neutralizzate nel passaggio dal pH (6,6-6,7) del latte a quello (8,4) di viraggio della fenolftaleina bisogna prima rifarsi all’equazione di Henderson-Hasselbalch che, nella sua formulazione generale, può essere così definita:

Questa relazione matematica descrive la relazione esistente tra il pH di una soluzione e la concentrazione delle forme dissociate o indissociate dell’acido o della base in essa contenute. Oltre il pH, la relazione considera i valori di pK dell’acido (pKa) o della base (pKb), valori che esprimono il pH al quale l’acido o la base sono dissociati al 50%. Ad esempio, un acido (HA) che presenta un valori di pKa pari a 6.7 e che si dissocia secondo la reazione HA + H20 ↔ A + H3O+, al pH del latte (6,7) risulterà presente per il 50% come HA e per il restante 50% come A. Risolvendo la stessa equazione per valori di pH che si discostano di 1 o 2 unità di pH al di sopra o al di sotto di 6,7 si otterrà la seguente proporzione percentuale tra la forma dissociata e indissociata dell’acido HA mostrata in tabella 2.

Tabella 2. La proporzione percentuale tra la forma dissociata e indissociata in funzione del pH

pH
4,7 5,7 6,7 7,7 8,7
HA 99 90 50 10 1
A 1 10 50 90 99

In termini pratici ciò comporta due considerazioni importanti. La prima: nel corso di una titolazione saranno neutralizzate soltanto quelle funzioni in grado di dissociarsi all’interno dell’intervallo di pH considerato dalla titolazione stessa (nel caso del latte l’intervallo della titolazione è come detto 6,6/6,7-8,4). La seconda: qualsiasi funzione acida o basica sarà totalmente (>99%) titolata solo al raggiungimento di valori di pH superiori di due unità rispetto al proprio valore di pK. Medesime deduzioni posso essere fatte per acidi o basi che presentano più di una funzione dissociabile. Questo, ad esempio, è il caso dell’acido fosforico (H3PO4) che, in relazione ai valori di pK delle sue tre funzioni acide e del pH del sistema in cui l’acido si trova, si dissocia secondo i seguenti equilibri:

 

H3PO4 + H20 ↔ H2PO4 + H3O+   (prima funzione acida, pK = 2,1)

H2PO4+ H20 ↔ HPO4– – + H3O+ (seconda funzione acida, pK = 7,2)             (2)

HPO4– – + H20 ↔ PO4– – – + H3O(terza funzione acida, pK = 12,4)

 

Da questi equilibri si può dedurre che nel latte l’acido fosforico sarà presente come diidrogenofosfato (H2PO4) e idrogenofosfato (HPO4), e la seconda funzione acida (pK 7,2) dell’acido fosforico sarà l’unica ad essere neutralizzata (titolata) dall’idrossido di sodio aggiunto per portare il latte da pH 6,6-6,7 a 8,4. Oltre ai fosfati, vengono titolate anche altre funzioni acide del latte con valori di pK all’interno di questo intervallo di pH.  Tra queste rivestono particolare importanza gli esteri fosforici (pK 6,3) dell’amminoacido fosfoserina presente nella caseina ai quali si aggiungono la prima funzione (pK 6,5) dell’acido carbonico, la terza funzione (pK 5,5) dell’acido citrico, gli α-ammino gruppi delle proteine (pK 7-8) e il gruppo amminico dell’amminoacido istidina (pK 6,0). Le funzioni amminiche citate pur essendo basiche si comportano da acidi in presenza di una base più forte come l’idrossido di sodio. Per questo, esse vengono titolate parimenti alle funzione acide di caseine, fosfati e degli acidi carbonico e citrico. In termini quantitativi la caseina (con gli esteri fosforici della fosfoserina) e i fosfati concorrono ognuno nel determinare circa il 40% dell’acidità totale di titolazione del latte fresco (tabella 3). Il rimanente 20% è determinato da acidi organici, acido carbonico, sieroproteine e dalle cosiddette reazioni di overrun per le quali, in presenza di Calcio, durante la titolazione si ha una parziale precipitazione di Ca3(PO4)2. Questo fenomeno determina una titolazione indiretta anche della terza funzione (pK 12,4) dell’acido fosforico pur non essendo questa funzione all’interno dell’intervallo di pH (6,6/6,7-8,4) considerato dalla titolazione. Risulta perciò chiaro che l’acidità di titolazione di un latte fresco rappresenta principalmente una misura indiretta della sua ricchezza in caseina e fosfati.

Tabella 3. Contributo di alcuni componenti all’acidità di titolazione del latte di vacca

Caseina (esteri fosforici della fosfoserina) 1,0 °SH/100 mL per punto % di caseina 2,5 °SH/100 mL
Fosfato inorganico colloidale 0,04 °SH/100 mL per mM di fosfato 0,4 °SH/100 mL
Fosfato inorganico solubile 0,3 °SH/100 mL per mM di fosfato 3,5 °SH/100 mL
Sieroproteine 0,6 °SH/100 mL per punto % di sieroproteine 0,4 °SH/100 mL
Altri composti (citrati, carbonati, overrun) 0,7- 0,9 °SH/100 mL 0,8 °SH/100 mL

Significato applicativo dell’acidità di titolazione

Come detto, l’acidità influenza la qualità del latte e le determinazioni di pH e acidità di titolazione sono da sempre tra gli approcci analitici più utilizzati per misurarla. Per comprenderne il significato applicativo è necessario comprendere la complementarietà dei due indici. A cominciare dal latte il cui valore di pH è, come l’acidità di titolazione, principalmente influenzato dalla presenza di caseina, fosfati e citrati. In genere, nei latti di diversa specie e/o razza esiste una relazione inversa tra contenuto in caseina e valore di pH (tabella 4).

Tabella 4. Valori di pH, acidità di titolazione e contenuto di sostanze azotate e caseina di latti di diversa specie.

pH acidità di titolazione

 (°SH/100 mL)

sostanze azotate totali (g/L) Caseina

(g/L)

vacca 6,6 – 6,7 6,0 – 8,0 33 26
capra 6,5 – 6,7 6,3 – 6,8 31 24
bufala 6,6 – 6,8 8,4 – 10 47 36
pecora 6,6 – 6,7 8,0 – 10 58 45

 

Tuttavia, pH e acidità di titolazione sono parametri analitici difficilmente sostituibili l’uno con l’altro. Ad esempio, latti con uguale pH possono avere acidità di titolazione diverse perché diversamente ricchi in caseina e fosfati. Analogo discorso per il siero presamico fresco. Questo secondo prodotto della caseificazione presenta un pH simile a quello iniziale del latte, ma un’acidità di titolazione inferiore per l’assenza di caseina e fosfato colloidale. Ugualmente, a parità di acidità di titolazione, due latti possono avere diverso valore di pH. Questo caso è il caso di latti che contengono un ugual numero funzioni acide da titolare, ma tra loro diverse. Per semplificare è possibile riferirsi all’equilibrio prima riportato per la seconda funzione acida dell’acido fosforico (H2PO4+ H20 ↔ HPO4– – + H3O+) e quello relativo alla terza funzione dell’acido citrico ossia: HCit+ H20 ↔ Cit+ H3O+). La titolazione di un equivalente (quantità di acido che cede una mole di ioni H3O+ dissociandosi) di H2PO4o di HCitrichiederebbe la stessa quantità di soda. Tuttavia, in considerazione dei diversi valori di pK (H2PO4= 7,2 e HCit = 5,5), la stessa quantità (numero di equivalenti) delle due funzioni acide determinerebbe due differenti valori di pH.

L’acidità di titolazione è quindi un indice del potere tampone del latte e una misura dell’equilibrio acido-base conferitogli soprattutto da caseine e fosfati. Proprio in virtù di questo potere tampone, il valore di pH (6.6-6.7) del latte non è soggetto a grandi modificazioni se non in concomitanza di importanti variazioni del suo equilibrio acido-base, legate in particolare a una incipiente acidificazione o a una rilevante modificazione del contenuto di caseina e fosfati. L’abbinamento della misura del pH a quella dell’acidità di titolazione permette di individuare il tipo di problema che ha determinato la variazione. Come detto, il latte fresco appena munto non contiene acido lattico se non in tracce (<50 mg/L). All’acidità naturale del latte può però aggiungersi quella sviluppata, ossia quella conseguente alla formazione di acido lattico dovuta a fermentazioni batteriche a carico del lattosio. Attualmente, l’ottima qualità microbiologica del latte difficilmente genera variazioni importanti dell’acidità di titolazione. Bisogna inoltre ricordare che tale parametro analitico misura indirettamente solo la crescita di batteri acidificanti. L’eventuale sviluppo di altri batteri deteriorativi non acido-produttori, come alcuni psicrotrofi, non verrebbe ovviamente evidenziata dalla misura dell’acidità di titolazione. Al contrario, l’acidità di titolazione fornisce utili indicazioni di carattere tecnologico e microbiologico quando utilizzata per misurare un importante sviluppo di acidità come rilevabile nei lattoinnesti (~ 40 °SH/100 mL) e nei sieroinnesti (~ 60 °SH/100 mL). Infatti, il potere tampone del latte è tanto più forte quanto più ci si sposta verso valori di pH acidi e viceversa. In un derivato lattiero-caseario in cui si vuole accertare un’acidificazione in evoluzione il sistema di misura e di analisi più adatto è perciò quello che origina le variazioni più ampie rispetto alle variazioni del parametro. In questo senso, la misura del pH presenta la massima sensibilità per valori di acidità distanti dal pH a cui il sistema latte, o un suo derivato, presentano il maggior potere tampone. La misura dell’acidità di titolazione presenta invece la massima sensibilità per valori di acidità che si avvicinano al pH a cui il sistema ha il maggior potere tampone. In conseguenza, la misurazione del pH ben si presta a valutare: l’acidificazione leggera del latte (pH~6,5) e l’acidità del formaggio (fino a pH 5,0-5,2). L’acidità di titolazione risulta invece utile per misurare l’acidità del siero (non possiede potere tampone per mancanza di caseina) e l’acidità del siero spurgato dal formaggio quando il pH è < 5,0-5,2.

L’acidità di titolazione dipende però anche da altri fattori capaci di alterare l’equilibrio acido-base e il potere tampone del latte. Come detto, variazioni del tenore di caseina sono responsabili di cambiamenti del valore di acidità di titolazione. Per esempio, particolari stati fisiologici o patologici della bovina determinano una variazione del contenuto di caseina e quindi del potere tampone (tabella 5). E’ il caso del latte colostrale o di quello mastitico rispettivamente più ricco e più povero di caseina rispetto al latte fisiologico maturo. Il contenuto in fosfati è un altro fattore influente sull’acidità di titolazione. Latti ipoacidi (circa 5,8 °SH/100 mL) contengono in genere meno fosfati e meno caseina. Quelli iperacidi (> 8,0 °SH/100 mL) presentano in genere livelli più elevati di fosfati. Anche periodi prolungati di caldo intenso determinano un calo dell’acidità. Lo stadio di lattazione è ugualmente importante per cui l’acidità di titolazione raggiunge un minimo entro i primi 20-30 giorni di lattazione per poi aumentare e nuovamente diminuire negli ultimi 2 mesi della lattazione stessa (tabella 5). Anche l’alimentazione squilibrata delle bovine può influire sull’acidità di titolazione del latte, innalzandola in caso di razioni troppo ricche in carboidrati fermentescibili ovvero abbassandola in casi di scarso apporto energetico o salino o per eccesso di proteine nella razione.

Come inizialmente accennato, l’acidità del latte è uno dei parametri chimici più importanti per comprendere la qualità del latte e stabilire la sua attitudine a successive trasformazioni. Questo vale in particolare modo quando il latte è destinato alla caseificazione. La relazione tra l’acidità di titolazione del latte e la sua attitudine alla caseificazione è facilmente intuibile vista la grande importanza di caseina e fosfati tanto per questa determinazione analitica che per questa tecnologia di lavorazione del latte. Infatti, i latti ipoacidi evidenziano in genere tempi di coagulazione più lunghi, minor consistenza del coagulo e difficoltà di spurgo. Fenomeni che possono favorire l’insorgenza di processi fermentativi anomali e difetti di struttura della cagliata e del formaggio. I latti iperacidi tendono invece ad avere parametri di coagulabilità presamica migliori, ma anche a dare cagliate a volte troppo dissierate con possibili difetti nel formaggio (stacchi, gessature etc.). L’acidità di titolazione è ugualmente importante nel definire la stabilità del latte ai trattamenti termici di risanamento o concentrazione. L’abbinamento di questo parametro con la misurazione del pH permette di escludere latti che in fase di riscaldamento coagulerebbero (tabella 5). Allo stesso tempo occorre considerare che l’aumento di residuo secco magro conseguente a processi di concentrazione o aggiunta di derivati essiccati del latte determina abbassamento del valore di pH e innalzamento dell’acidità di titolazione, con ovvie conseguenze sulla stabilità termica della caseina.

Tabella 5. Valori indicativi di pH e di acidità di titolazione di latte e derivati (adattata da Alais, Scienza del latte, Ed. Tecniche Nuove, 2000).

pH Acidità titolazione (°SH/100mL)
Latte fresco normale 6,6 – 6,7 6-8
Latte ipoacido 6,65 – 6,75 < 7
Latte iperacido 6,4 – 6,5 > 8
Latte mastitico, latte di fine lattazione > 6,9 < 6,5
Latte di inizio lattazione 6,4 – 6,5 8,5 – 10
“Latte” colostrale 6,0 > 10
Latte che non sopporta la sterilizzazione a 110 °C 6,4 9
Latte che non sopporta l’ebollizione 6,3 10
Latte che non sopporta la pastorizzazione (72 °C per 15 s) 6,1 11
Latte che inizia a flocculare a temperatura ambiente 5,2 24 – 27
Siero presamico fresco 6,5 5 – 6
Lattoinnesto 4,6-4,8 ̴̴ 40
Sieroinnesto 3,7-3,9 ̴ 60

Conclusioni

La misura dell’acidità di titolazione costituisce ancora oggi uno dei più importanti criteri analitici per la valutazione della qualità tecnologica, in particolare casearia, del latte. Poiché direttamente collegata alla ricchezza in caseina e fosfati, l’acidità di titolazione costituisce un semplice ed economico approccio analitico per valutare l’attitudine alla coagulazione presamica del latte ovvero anomalie di coagulazione collegate a variazioni del potere tampone. Variazioni determinanti anche nell’influenzare la stabilità termica della fase colloidale del latte durante i trattamenti di sanificazione. Entro certi limiti, inoltre, la misura dell’acidità di titolazione rimane uno strumento rapido ed efficace per monitorare l’andamento della fermentazione lattica nella preparazione di innesti, formaggi e latti fermentati.