Comprendere e gestire il “pH” in caseificio

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La misura del pH in caseificazione è entrata da decenni nella pratica quotidiana. Spesso a tale dato sono attribuiti valori impropri. A seguire una disamina delle fasi e delle evoluzioni biochimiche dalla coagulazione al formaggio.

In chimica, il pH è la misura dell’acidità o dell’alcalinità di una soluzione acquosa diluita. In termini scientifici è definito come il logaritmo negativo della concentrazione di ioni idrogeno in soluzione, misurata attraverso il confronto della risposta di due elettrodi: uno a idrogeno per la lettura degli ioni [H]+ e uno a cloruro d’argento che agisce come riferimento. La scala delle misure va da 1 a 14; i valori inferiori a 7 identificano le soluzioni acide e quelli superiori a 7 le soluzioni alcaline. Al valore 7, proprio dell’acqua pura, corrisponde lo stato di neutralità. Uno strumento di qualità, opportunamente mantenuto e tarato, consente la misurazione del pH con l’approssimazione di ± 0,05 unità.

Per la taratura degli elettrodi si impiegano soluzioni standard di riferimento, preparate secondo un metodo riconosciuto a livello internazionale, utilizzate alternativamente per le misure in campo acido e in campo alcalino. I “pH-metri” sono arrivati nei caseifici da oltre 40 anni e sono diventati fedeli alleati delle buone pratiche di caseificazione. Nel caso specifico dell’ambito lattiero-caseario, è opportuno ricordare che il pH è un valido parametro di controllo ma non fornisce però una misura esatta del livello di acidità e dell’azione delle colture lattiche.

I metaboliti della fermentazione, acido lattico e lattati, sono in parte tamponati dallo stesso substrato latte e la loro misura esatta sarebbe possibile solo con un’analisi chimica specificamente dedicata. Allo stesso modo non è possibile avere dal pH un’indicazione precisa del livello di demineralizzazione della cagliata. In ogni caso la misura del pH è utilissima nel controllo del processo e come strumento di confronto tra processi ripetuti.

Vediamo di seguito la relazione tra i valori del pH al momento della coagulazione:

  • sull’attività degli enzimi coagulanti;
  • sugli equilibri minerali;
  • sulla quantità di enzima coagulante trattenuto nella cagliata.

Il pH in coagulazione

pH ed enzimi coagulanti
L’abbassamento del pH generalmente incrementa l’attività degli enzimi coagulanti e aumenta la velocità di presa e di coagulazione. Ogni enzima risponde al pH secondo una propria curva di reazione. Nel caglio bovino la pepsina per esempio è più sensibile della chimosina ed entrambi gli enzimi reagiscono diversamente da quelli ottenuti da fermentazione microbica, da Mucor o da altri batteri naturali o anche geneticamente modificati. Questa variabilità richiede un’approfondita conoscenza della composizione enzimatica del coagulante utilizzato.

La cosiddetta forza, o più esattamente il titolo del coagulante, espresso in IMCU (International Milk Clotting Units), è un dato assolutamente insufficiente dal punto di vista tecnologico. Sarebbe opportuno che le forniture di enzimi coagulanti fossero accompagnate sempre da dettagliate schede tecniche che comprendano anche le curva di attività in funzione del pH.

pH ed equilibri minerali
L’abbassamento del pH induce la solubilizzazione del calcio e del fosforo che si dissociano dalle micelle proteiche. Influenzando anche la velocità di spurgo del coagulo, favorisce ulteriormente l’allontanamento dei minerali con il siero grazie alla contrazione del reticolo caseoso. L’effetto demineralizzante dell’acidità è sinergico a quello della temperatura; il massimo effetto si osserva attorno ai 35°C con un pH intorno a 5,2.

pH e quantità di enzima coagulante trattenuto nella cagliata
Purtroppo non ci sono dati disponibili su tutti i diversi tipi di enzima coagulante. Per il caglio di vitello, la letteratura conferma che a pH 6,0, il 70% della dose di enzima resta all’interno della cagliata mentre a pH 6,6 la quantità scende al 30%. Il dato suggerisce che un abbassamento del pH di coagulazione consente di ridurre la quantità di caglio utilizzata.

La riduzione è utile sia per la diminuzione del costo industriale del processo, sia per la ricaduta qualitativa sul prodotto finito. L’attività residua degli enzimi del caglio durante la maturazione (soprattutto per le paste molli) può provocare la generazione di composti aromatici sgraditi e problemi di consistenza e struttura. La riduzione a monte della quantità d’enzima aiuta sicuramente il controllo del processo di maturazione.

[box bg=”#cccccc” color=”#000000′ title=”L’acidificazione durante la sineresi del siero”]

L’acidificazione durante lo spurgo del siero svolge principalmente tre funzioni. La prima consiste nel provocare e regolare la demineralizzazione, favorendo la permeabilità del coagulo e lo spurgo. La seconda consiste nella regolazione del potere tampone del formaggio. La terza, spesso dimenticata, consiste nella protezione del prodotto dall’azione di microrganismi patogeni ed espoliativi.

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Continua …

55 Commenti

  1. salve, capito sul vs sito casualmente ,avrei una domanda da fare come posso bloccare il ph di una cagliata prodotta in Italia per poi spedirla via aerea a temp controllata naturalmente per poi all’arrivo 1) scongelamento 2) lavorazione del prodotto finito, mi riferisco soprattutto alle favolose mozzarelle della mia Amatissima Puglia! sia di latte vaccino che di latte di bufala

    vi prego cercatemi una risposta sono quasi disperato

    un caro abbraccio dal Sud Africa
    pasquale

  2. Salve … vorrei avere informazioni sull’utilizzo dell’acido citrico e quali quantità possono essere utilizzate per raggiungere l’obiettivo di avere un prodotto basso di ph.. ed inoltre come riuscire a risolvere il problema del prodotto che una volta in forno si brucia e crea la patina bruna… parliamo della mozzarella per pizza

    • Gentile lettore, l’acido citrico viene utilizzato per ottenere un valore di pH della cagliata idoneo per la sua filatura. L’acidificazione chimica, con acidi organici come il citrico, sostituisce quella biologica operata dalla fermentazione del lattosio ad acido lattico operata dai batteri lattici dell’innesto.
      Nel caso dell’acidificazione chimica vengono normalmente aggiunti 1,1-1,4 g di acido citrico (sottoforma di soluzione) per kg di latte al fine di ottenere una cagliata con valori di pH di 5,6-5,8.
      Il problema dell’imbrunimento della mozzarella in fase di cottura è in genere collegato alla presenza di lattosio e di zuccheri (glucosio e galattosio) derivanti dall’idrolisi del lattosio stesso ad opera dei batteri lattici. La possibilità di ridurre i fenomeni di imbrunimento è perciò legata alla necessità di ridurre il contenuto di questi zuccheri nel prodotto finito adottando starter di batteri lattici in grado di fermentare gli zuccheri citati.

  3. Salve, io volevo sapere quale potrebbe essere il valore di Ph ottimale per l’aggiunta del caglio previa acidificazione per via biologica del latte utilizzando siero-innesto (3%) e quale valore ottimale per la fine dello spurgo e quindi ingresso in salamoia, riferite alla produzione di un formaggio pecorino a pasta cotta (45°) da lunga stagionatura,

    • Buon giorno. Ecco la risposta al suo quesito: “Sarebbe innanzitutto utile capire se usa siero-innesto e scotta-innesto (diversa attività e diverso potere tampone) e l’acidità o il pH finale dello stesso. Un innesto naturale non necessita di soste nel latte per la riattivazione, 10 minuti sono più che sufficienti. Con latte ovino a pH 6,7, dopo l’aggiunta di starter, si può ipotizzare una massa in caldaia intorno con valori di pH pari a 6,4-6,5, ottimali per l’aggiunta del caglio. Il pH all’ingresso in salamoia deve essere 5,20”

  4. Buongiorno , da circa sei mesi sto facendo mozzarelle con acido citrico (1,4 gr per litro) .
    Da alcune settimane però la mozzarella stenta a filare , ho provato aumentando la quantità di acido ( 1,6 e 1,9) però non riesco a filare come una volta , specifico che io vivo in Bolivia e qui ora è autunno inoltrato , potrebbe essere il latte la causa del problema ? Se abbasso la dose di acido aumento o abbasso il ph ?
    Spero in una risposta ,saluti e grazie.

    • Gentile Lettore,
      non è escluso che le caratteristiche del latte (crudo?) possano influire sulla filabilità della cagliata. Il consiglio è quello di verificare il raggiungimento di un corretto valore di pH (5,6-5,8) della cagliata, ottenuto per addizione al latte di una giusta quantità di soluzione acquosa di acido citrico.
      Abbassando la quantità di acido citrico aggiunta, il valore di pH aumenta.

  5. Buongiorno,

    ho un piccolo caseificio in Indonesia e produco principalmente mozzarella in vari formati. Uso latte pastorizzato a cui aggiungo fermenti lattici e poi caglio (Sacco & Clerici). Normalmente lavoro la cagliata tra 5,15 e 5,10 di ph per riuscire ad avere anche un minimo di shelf life in più.
    A volte la mozzarella tende ad essere dura, come posso ovviare questo problema? Ho notato dei miglioramenti lavorando la cagliata con ph inferiori (5-4,9) ma a discapito della durata del prodotto.
    Ho visto che alcuni usano il cloruro di calcio come stabilizzatore del ph, questo allunga anche la vita del prodotto? Il campione di cagliata che ho ricevuto in cui è stato usato il cloruro di calcio aveva un PH 5,45 eppure la mozzarella è venuta lo stesso.

    Mi potrebbe spiegare come si utilizza e quali sono le conseguenze anche negative se ci fossero,

    grazie,

    I

    • Buon giorno. la ringrazio per averci scritto. ho girato la sua domanda ai nostri esperti che hanno risposto così:
      – Il solo parametro del pH non e’ sufficiente a valutare i risultati finali; esso va gestito insieme ai parametri di UMIDITA’ del prodotto finito e obiettivo SHELF LIFE. Inoltre, il contenuto proteico del latte influenza il grado ottimale di demineralizzazione per la fase della filatura. Maggior contenuto proteico comporta maggiori demineralizzazioni e quindi filature a pH più bassi.
      Gli obiettivi aziendali influenzano la tecnologia. Se la priorità è la shelf life si consigliano filature con pH intorno a 5,10. Scendendo con il pH si ottengono prodotti più morbidi, ma anche meno serbevoli (quindi bisogna agire sul parametro umidità).
      – CaCl2: tale coadiuvante ha lo scopo di ottimizzare la fase di coagulazione minimizzando le perdite di resa.Viene normalmente aggiunto in caldaia in dosi di 5-10g/100L di latte (CaCl2 al 99%). Dosi eccessive causano fenomeni di amaro nel prodotto finito. Per le paste filate si consiglia di utilizzare CaCl2, ma con l’accortezza di demineralizzare maggiormente la cagliata prima della filatura.

      • La ringrazio per la risposta datami nel luglio 2016.

        Colgo l occasione per farle una domanda. In merito alla shelf life e il ph di lavorazione, nella sua risposta del 14 luglio 2016, mi conferma che con PH più bassi ottengo un prodotto più morbido, ma anche meno serbevoli. E a questo punto mi indica di agire sul parametro dell umidità, ma sinceramente non so esattamente che cosa significa per le mozzarelle.

        Seconda domanda che vorrei farle. Più persone mi stanno suggerendo di aggiungere il latte in polvere direttamente in caldaia per aumentare la resa del mio latte. Consideri che attualmente con il latte disponibile qui in Indonesia ottengo una resa di circa il 10%.

        é effettivamente possibile aumentare la resa aggiungendo il latte in polvere? Se si, quali sono i dosaggi che dovrei seguire e che tipo di latte in polvere dovrei usare.

        Grazie ancora per la disponibilità.

        I

      • La ringrazio per la risposta datami nel 14 luglio 2016.

        Colgo l occasione per farle una domanda. In merito alla shelf life e il ph di lavorazione, nella sua risposta del 14 luglio 2016, mi conferma che con PH più bassi ottengo un prodotto più morbido, ma anche meno serbevoli. E a questo punto mi indica di agire sul parametro dell umidità, ma sinceramente non so esattamente che cosa significa per le mozzarelle.

        Seconda domanda che vorrei farle. Più persone mi stanno suggerendo di aggiungere il latte in polvere direttamente in caldaia per aumentare la resa del mio latte. Consideri che attualmente con il latte disponibile qui in Indonesia ottengo una resa di circa il 10%.

        é effettivamente possibile aumentare la resa aggiungendo il latte in polvere? Se si, quali sono i dosaggi che dovrei seguire e che tipo di latte in polvere dovrei usare.

        Grazie ancora per la disponibilità.

        I

        • Agire sul parametro umidità per ottenere un prodotto più serbevole significa addizionare una quantità minore di acqua durante il processo di filatura.
          Altri parametri quali una più ridotta azione meccanica durante l’impasto e un pH leggermente più elevato consentiranno di ottenere un prodotto con maggiore struttura e quindi durata nel tempo.
          Riguardo la seconda domanda è possibile ottenere prodotti lattiero caseari da materie prime o sottoprodotti del latte, ove le regolamentazioni governative del settore lo consentano.
          L’aggiunta di latte in polvere, proteine e sieroproteine consente di ottimizzare gli step produttivi, le rese, ottenere specifici prodotti richiesti dal mercato e sopperire ad eventuali carenze di materia prima fresca, cosa non inusuale in alcuni Paesi.
          L’implementazione delle rese con l’uso di queste materie prime è dato soprattutto dal loro costo sul mercato che negli ultimi anni ha subito forti fluttuazioni tanto da non renderlo economico in alcuni momenti.

  6. salve buongiorno, ho un’azienda di bufali in campania e volevo sapere nel caso uscisse un ph elevato se ci fosse un rimedio per farlo riequilibrare. grazie buona giornata

    • Nel ringraziarla per averci scritto, ecco la nostra risposta al suo quesito: pH elevati sono da imputarsi ad attività insufficienti dello starter o eccessiva umidità nel prodotto finito. Si consiglia di migliorare l’attività fermentativa e contenere il tasso di umidità (< 65%). Se il problema è un latte ipoacido, si consiglia di lavorare in team con il nutrizionista aziendale al fine di ridurre tale problema e lavorare latti ''maturi'' di almeno 2-3 giorni.

  7. Vorrei sappere come si puo misurare il ph senza i strumenti di misura necesari…io sono al estero ed nn ho la disponibilita’ di comprare uno strumento addatto x il ph mi serve sappere x la produzione di mozzarella

    • Per la produzione della Mozzarella il pHmetro e’ necessario soprattutto per monitorare una corretta attività dello starter. Le performances della filatura devono essere valutate manualmente, quindi immergendo 200-300 g di cagliata triturata in acqua ad 80-90 °C per 10 secondi e testarne il grado di elasticità. Performances di filatura ottimali si raggiungono dopo 3-5 ore di acidificazione per la tecnologia con gli starters o con 1,2-1,4 g di acido citrico monoidrato/litro di latte per la tecnologia con acidi organici.

    • Per i formaggi è quello riportato nel decreto MiPaaf “Approvazione dei metodi ufficiali di analisi per i formaggi”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Supplemento ordinario al n. 229 del 02/10/1986

  8. Buongiorno.
    Sono il proprietario di un caseificio in Campania e desidererei porvi alcune domande relative all’uso e alla manutenzione di salamoie utilizzate per salare formaggi vaccini a pasta filata semicotta inoculati anche con propionibatteri.
    1) Quali sono i valori ottimali di acidità (pH ed SH/50) di una salamoia?, e in quali modi ( e con quali sostanze) è possibile equilibrarla?;
    2) Quando non si ha possibilità di raffreddare le salamoie (soprattutto nel periodo estivo) è corretto ridurre i tempi di immersione?
    3) quali sono le problematiche eventualmente dovute alla salatura in una salamoia a circa 25°C. ?

    • Buon giorno. Ecco le risposte ai suoi quesiti:
      1) Una corretta salamoia per tale tipologia di formaggi dovrebbe attestarsi intorno ai 20-23 gradi Baume’ di concentrazione e con un pH non dissimile al formaggio in entrata, quindi 5,0 – 5,20. La correzione del pH viene fatta solitamente con l’aggiunta di piccole dosi di acido lattico o citrico. Un pH intorno a 5,0 contiene e rallenta inoltre eventuali contaminazioni microbiologiche.
      2) L’assorbimento del sale nel prodotto finito e’ correlato anche alla temperatura della salamoia, quindi ridurne le tempistiche di immersione e’ corretto. Allo stesso la salamoia conferisce alle paste filate stagionate la caratteristica ”buccia” e sarebbe bene non ridurne drasticamente le tempistiche.
      3) Salamoie con temperature eccessive sono fonte di difetti a causa del lento raffreddamento del formaggio e facilitano il proliferare di lieviti e muffe.
      Allo stesso tempo, per questo particolare prodotto, tali temperature contribuiscono positivamente allo sviluppo dei Propionibatteri.

      Si consiglia, per concludere, l’uso di salamoie a temperature e concentrazioni opportunamente controllate, bonificate di frequente, ma non troppo ”nuove”, pena perdite di resa.

      La informo inoltre che le salamoie per buona parte delle paste filate stanno gradualmente lasciando il posto alla salatura in pasta a secco prima della formatura, grazie alle performances ottenute ed al contenimento dei costi aziendali.

  9. Gentilissimi, sono un casaro alle prese di perdita di calo peso “precoce” della mozzarella. Non capisco dove sbaglio. Vi scrivo alcuni dati analitici e procedura:
    Grasso latte vaccino titolato 3,70%
    Proteine 3,50%
    Starter liofilizzato Hansen + yield-max 6% + chy-max 7,5%
    Tempo di presa 12′ +12′ prima rottura + 12′ seconda rottura + scarico dopo 15′
    Filatura dopo 4 ore dal caglio pH 4,90
    Liquido di governo acqua pastorizzata +sale 0,6-0,7%
    Dopo tutto questo ho una perdita crescente fino alla data di scadenza 25gg. Grazie anticipato e un cordiale saluto.

  10. Buongiorno sono titolare di azienda bufalina in caserta, il caseificio mi comunica che il ph del latte e’ in netta risalita ovvero intorno al5.5/6.
    Quali possono essere le cause? in questa ultima settimana le temperature sono bassissime intorno allo 0 gradi. temperature inusuali dalle nostre zone. mi potete dare una spiegazione? e’ una questione alimentare o di temperatura? grazie

    • Il parametro pH di un normale latte bufalino si attesta normalmente tra il 6,60 ed il 6,90.: valori al di fuori di tali parametri sono da imputarsi ad anomalie.
      Il latte di bufala, a differenza di quello vaccino, è più soggetto a variazioni di ordine chimico-fisico e microbiologico in funzione della curva di lattazione, del clima e dell’alimentazione.
      Si fa notare inoltre, che il parametro pH varia in funzione della temperatura, con oscillazioni di anche 30 punti di pH (0,3 unità di pH).
      Si consiglia di monitorare ed eventualmente modificare un parametro alla volta, al fine di individuare e intervenire sul problema.

  11. Salve

    Sono un Casaro ho iniziato di recente la produzione di mozzarelle vaccine. Consistenza e sapore devo dire sono ottime, l’unico problema è che la pelle della mozzarella tende a staccarsi. So che una delle cause potrebbe essere la lunga maturazione in siero della cagliata; ho tenuto la cagliata dopo le due rotture sotto siero per circa un’ora. Con un PH di 5,9 ho scaricato il siero e ho lasciato la cagliata sul tavolo a maturare. Dallo scarico alla Filatura sono trascorse circa quasi due ore. Salo le mozzarelle durante la filatura e dopo la mozzatura finiscono in una salamoia con il 2% di sale e un SH/50 compreso tra 4,5 e 5,0.
    Vi ringrazio anticipatamente per una vostra risposta.

    Sandro Pignotti

    • L’eccesso di siero è spesso fonte di problemi e difetti nel formaggio.
      Il distacco di pelle a “buccia di arancia” può invece essere imputato ad eccessi di acidità e/o sale nel liquido di governo.
      Si consiglia in tal senso la preparazione di acqua pastorizzata con 1% di sale e 0.1% di calcio cloruro puro al 99%.
      Nella produzione della mozzarella vaccina sono inoltre fondamentali le tempistiche di acidificazione (3-5 ore), l’uso di cagliate ben drenate e pH di filatura ottimali.

  12. Salve
    vi ringrazio per la risposta ricevuta, volevo tuttavia precisare il mio problema.
    Nonostante lavori con ottimali tempistiche di acidificazione ( 3 ore dalla rottura della cagliata, 5 ore dall´aggiunta del caglio), con Ph 5,4 scarico il siero, taglio in grossi pezzi la cagliata la lascio sul tavolo a drenare e inizio la fase della filatura con Ph 5,1. Dopo la messa in salamoia (salamoia con 2% di sale, SH/50 tra 4,5 e 5,5, 3 gr. di calcio, temperatura della salamoia tra 8 e 10°) inizia leggermente a spellarsi fino al 4/5 giorno in cui la pelle della mozzarella inizia a sfaldarsi. Aggiungo infine che lavoro con latte termizzato a volte di 36 ore.
    Sarei infinitamente grato per una vostra risposta.
    I miei piu´ sinceri saluti
    Sandro Pignotti

  13. ciao sono un casaro che ha un caseificio , ho dei problemi sulla mozzarella vaccino mi date una mano …. quando faccio la mozzarella alcune volte si sfoglia perchè ? e poi perchè dopo fatta dentro è asciutta e gialla cosa sbaglio …io uso acido citrico ….aspetto urgentemente una risposta precisa da un esperto GRAZIE

    • La sfogliatura della mozzarella e colorazioni anomale sono da imputarsi a diverse errate operazioni quali demineralizzazioni non ottimali della cagliata, filatura con acqua troppo calda, formatura del prodotto non ottimale e rassodamenti in acqua troppo fredda o calda.
      Si consiglia di fare prove modulando i parametri sopra citati uno alla volta, al fine di individuare l’origine di tale problema.
      La lavorazione classica della Mozzarella con acidificazione chimica prevede una cagliata a pH 5,80, acqua di filatura al 2-3% di NaCl ed a temperature di 80 gradi. Il rassodamento deve essere graduale ma spedito, quindi avere un prodotto finale a < 10 gradi in un paio di ore e pronto per essere confezionato.

  14. Salve sono un casaro e da parecchi anni che lavoro produco mozzarelle con latte vaccino, uso l’acido citrico ho solo un problema la mozzarella non tiene il sale,ciò dopo 12 ore non si sente più il sale.Ce qualche prodotto per risolvere il problema? Ps il on di lavorazione e 5,7

    • Il problema di un prodotto poco salato dopo breve tempo dalla sua produzione è legato a fenomeni osmotici, cioè di migrazioni del sale da concentrazioni diverse.In tal senso si consiglia la preparazione di un appropriato liquido di governo per la Mozzarella, al fine di evitare il fenomeno sopracitato. La ricetta classica è acqua pastorizzata e raffreddata a 4-6 gradi, 0,5% di sale e 0,1% di calcio cloruro.
      Si consiglia inoltre un pH di filatura leggermente più alto (pH 5,75-5,80) al fine di avere un prodotto più mineralizzato, quindi con una struttura più sostenuta e “propensa” a trattenere liquidi e conseguentemente il sale.

  15. Buongiorno, sono Angelo, possiedo un mini caseificio in Puglia, ho un problema con la mozzarella, essa il giorno dopo si presenta viscida in superficie, non è il noto problema di stracchinaggio o buccia che si sfoglia, ma proprio viscida in superficie. Uso fermenti e caglio un po’ meno delle dosi consigliate, e salatura in pasta prima di aggiungere acqua di filatura a più o meno 90gradi
    Grazie mille

    • La superficie viscida nel prodotto è da imputarsi a squilibri salini tra quest’ultimo e l’acqua in cui è conservato.
      Al fine di evitare tali problematiche si consiglia un lavoro di ottimizzazione in steps che ha come obbiettivo quello di trovare un equilibrio osmotico.
      Si consiglia di procedere con delle prove utilizzando acqua di filatura contenente dall’1 al 3% di sale (in tal modo è più facile avere dei parametri precisi) e preparare il liquido di governo con percentuali di sale a partire dallo 0,3% sino all’1%. Inoltre una piccola dose di CaCl nel liquido di governo (0,1%, puro al 99%) consente di evitare scambi osmotici a carico dei minerali di Calcio.

  16. Vorrei un consiglio, faccio mozzarelle di latte vaccino, salo la cagliata con 2% di sale prima di filare, Acqua di governo con 0,5 di sale e 0,1 di cacl2. Mozzarelle buonissime e succose ma dopo 5/6 ore si asciugano dentro .Filatura a pH tra 5,0 e 5,10 acqua tra 80/85* in attesa grazie per la risposta.

    • Valutate le informazioni riportate e i parametri applicati perfettamente nella norma, si consiglia di lavorare sui seguenti punti:
      – Utilizzare acqua salata al 2-3% per la fase di filatura. Il prodotto sarà più omogeneo, con una fibra sì più corta, ma allo stesso tempo più “spugnosa”. Il sale direttamente sulla cagliata può avere azione corrosiva ed asciugare eccessivamente quest’ultima.
      – Le tempistiche di acidificazione influenzano la struttura e la tenuta del prodotto finito. Si consigliano starters con nulla o scarsa attività postacidificante e tempistiche di acidificazione tra le 4 e le 5 ore. Un pH di filatura leggermente inferiore consente inoltre una miglior propensione della cagliata ad assorbire l’acqua (pH 5,00-4,90).
      – Il raffreddamento del prodotto finito deve rispettare tempistiche e temperature ben precise. In tal senso si consiglia un raffreddamento graduale non eccessivamente spinto: un prodotto pronto al confezionamento (<10 gradi) in al massimo un paio di ore. L'acqua di rassodamento con temperature tra i 12 e i 6 gradi.

  17. Salve o un piccolo problema con il ph innesto a volte è troppo basso uso solo innesto naturale l’acidità si oscilla tra 17-17.5 con un pH di 4-08 perché è cosi basso io l’innesto lo porto ad una temperatura di 40 gradi grazie

    • L’acidità degli innesti naturali è data dal principale metabolismo dei batteri lattici: trasformare il lattosio in acido lattico.
      Il loro sviluppo nell’innesto può essere modulato agendo su diversi parametri quali tempo, temperatura ecc.
      In tal senso si consigliano minori quantità di innesto nel latte, di monitorare più assiduamente lo sviluppo dei batteri lattici ed interrompere la fase di incubazione ad acidità meno elevate. L’innesto andrà poi conservato sino all’uso a temperature di 4-8 gradi.

  18. Salve, lavoro latte vaccino per mozzarella con fermento , ph di filatura 5.0
    Rispettando tutte le procedure corrette.
    Per la durata del prodotto vorrei portarla dai 10 ai 20 giorni.
    1)raffreddamento mozzarella a temperatura interna di 25 gradi
    2)passaggio in salamoia a 15 gradi (18/20 Baume …5.0 ph)
    3)inserimento in acqua pastorizzato con 1% di sale e clorulo di calcio

    Come posso migliorare con la durata?
    Grazie mille
    Giovanni

    • I parametri che influenzano la shelf life del prodotto sono principalmente il contenuto di acqua, il pH perché indicativo del contenuto di calcio e, ovviamente, parametri microbiologici nella norma.
      Si consiglia di eseguire prove in tal senso, lavorando a pH leggermente più elevati (pH 5,15-5,10), produrre una mozzarella meno umida e diminuire i rischi microbiologici, pastorizzando il liquido di governo, o meglio ancora sterilizzandolo.
      Infine un raffreddamento del prodotto più spinto ( <10-12 gradi) e un confezionamento a 4-6 gradi mettono al riparo da eventuali contaminazioni microbiologiche.

  19. Desidero sapere il ph per lavorazione di formaggi di capra. Sia pasta morbida che stagionati grazie

  20. Salve, ho un problema con la filature di mozzarella vaccina, uso acido citrico a livelli intorno al 1.18/1.2 i grassi e proteine del latte variano, ho notato che quando ricevo latte con grassi superiori al 3.8% e proteine intorno al 3.3% ho problemi in filatura, la pasta sembra non voler assorbire l’acqua e resta molto dura. Filo ad una temperatura di 75/78 gradi. Cosa mi consigliate di fare in questi casi? Grazie per la disponibilita

    • La quantità di acido citrico deve essere proporzionale al contenuto di proteine, ma anche al contenuto di grasso. Quest’ultimo, oltre ad avere un suo potere tampone e quindi influenzare le reazioni chimiche, è inoltre soggetto a fluttuazioni durante la lattazione della bovina ed ai cambi di stagione e temperatura.
      Si consigliano quindi prove con differenti dosaggi di acidificante al variare del grasso al fine di trovare il giusto tenore di demineralizzazione. Quest’ultimo è rappresentato da un pH compreso tra 5,70 e 5,85.

  21. Salve per avere uno spurgo ottimo che caglio conviene io sto usando alce 94 chimosina 6 bepsina va bene

  22. Buongiorno sono il RQ di un caseificio, avrei 2 questioni da sottoporre
    1) Qual è il pH ideale di trasformazione del siero ovino in ricotta ovina?
    2) per correggere il pH del siero noi usiamo soda ma questo spesso lascia alcune forme di ricotta giallastre, esiste qualche altro correttore da usare?

    • Ecco le risposte ai suoi due quesiti:
      – Il siero ovino è differente dal siero vaccino per quantità e qualità delle frazioni proteiche e grasso.
      Il pH è un parametro importante ma nella produzione della ricotta deve essere considerato insieme al parametro temperatura, in quanto le varie frazioni proteiche vengono destabilizzate gradualmente a partire da 78°C sino a 90°C ed oltre. Il pH ottimale di un siero per la produzione di ricotta è normalmente tra 6,50 e 6,30; con l’aggiunta di un eventuale acidificante quali acido citrico o lattico il pH per la precipitazione delle sieroproteine è intorno a 6,00 e quindi quest’ultimo può essere un valore importante da monitorare nel prodotto finito.
      Come noto il pH varia al variare della temperatura: sondare un siero ad oltre 70°C con un moderno pHmetro causerebbe gravi danni a questo costoso e fragile strumento. Ecco perchè è invalso l’uso di monitorare l’acidità con metodo °SH/50. In tal senso si consigliano prove a partire da un’acidità di 1,8 sino a 2,6°SH/50; tale lavoro dovrà essere fatto in concomitanza con i menzionati range di temperatura.
      Parametro fondamentale indicatore di una corretta procedura è la resa, che nel caso della ricotta ovina deve essere tra il 7 ed oltre il 10% a seconda dei parametri del siero e di eventuali aggiunte di latte e panna.
      – La soda è uno dei principali correttori di acidità dell’industria di trasformazione alimentare.
      Nel caso della produzione di ricotta, questa viene utilizzata spesso, con l’accortezza di essere aggiunta quando il siero raggiunge i 70°C e qualche minuto precedente alla coagulazione, pena eventuali anomalie a carico della resa, del gusto e del colore.
      Difficile al momento trovare un correttore di acidità più efficace e conveniente.
      Una soluzione può venire dall’aggiunta di percentuali di acqua al siero sino alla corretta acidità o pH, ma tale operazione necessita di un periodo di ottimizzazione e prove tenendo presente i parametri sopracitati.

      • Salve, sono Alessandro e mi lego all’argomento ricotta ovina per avere delle delucidazioni …
        Faccio il casaro nell’azienda agricola di famiglia dove produciamo formaggi pecorini, a latte pastorizzato e naturalmente con aggiunta di fermenti.
        Da tempo riscontro problemi con la produzione della ricotta ovina che un tempo era un prodotto veramente eccezionale ( a detta dei clienti).
        Il problema che si verifica, è che praticamente la ricotta diciamo, è ” slegata”, anche se una volta affiorata sembra bella, poi durante l’estrazione è come una brodaglia, all’inizio fuoriesce dalla fuscella, e spesso in fuscella rimane piena di siero, non riesce a spurgare, spesso tende ad affondare completamente, ma anche quando questo non avviene ne rimane molta sul fondo. La lavorazione avviene in ricottiera con vapore diretto e riscaldamento sul fondo. I valori dell’acidità solitamente possono variare dai 2,2 ai 2,7 sh/50, asseconda dei tipi di formaggi prodotti. Viene aggiunta una quantità di latte che varia dal 3 al 9% circa. L’unica correzione che a volte viene fatta è con l’utilizzo dei sali di affioramento che abbiamo usato per cercare di superare questi problemi, ma che a volte credo peggiorino la situazione.
        Ilsapore è buono, ma non rimane liscia come fosse ” sabbiosa”

        Ringrazio anticipatamente per la cortese attenzione

        • Anche per quanto riguarda la produzione della ricotta i parametri fondamentali sono l’azione chimica (acidità), l’azione meccanica (agitazione), il tempo e la temperatura.
          Problemi di consistenza e di un ottimale affioramento della ricotta sono da ricercarsi spesso in un’acidità non ottimale del siero ed eventualmente da un’azione meccanica troppo spinta.
          Si consiglia di procedere per step partendo da un siero con un’acidità di 1,8 °SH/50 sino a 2,6°SH/50, trovando così il punto ottimale di coagulazione delle sieroproteine, eventualmente utilizzando dei correttori di acidità o semplicemente dell’acqua in proporzioni dal 5 al 15%.
          L’azione meccanica, in questo caso data dal vapore immesso, non deve essere troppo veloce ed “aggressiva”, in quanto le sieroproteine sono facili alla separazione, dando così prodotti finiti dalla grana fine e sabbiosa. In tal senso si consiglia infine una sosta di 5-10 min raggiunti i 70°C, al fine di degassificare il siero e dare modo alle sieroproteine di ristabilizzarsi, prima del riscaldamento finale.

  23. Salve, sono Nicola svolgo l’attività di casaro in Cordoba Argentina, ho iniziato a provare il latte locale, sono vacche autoctone del luogo, non ho strumenti per testare tecnologicamente la materia prima poichè, faccio il lavoro totalmente manuale.
    acidifico con lattoinnesto, per circa 5 0 6 ore, deduco da una prova manuale il giusto filo per poter lavorare la cagliata, lasciata sotto siero a una temperatura di circa 30/33 gradi, ma alla fine ne risulta un prodotto nervoso e dal cuore asciutto.
    mi sarebbe gradita la vostra attenzione per dei consigli opportuni.

  24. Salve a voi, sono Vito e vivo in Brasile nello stato del Rio Grande do Norte, nordest brasiliano. Dunque quì io ho avviato alcuni processi di caseificazione del latte di alcune razze bovine autoctone, tra cui la Gir Leiteiro, Girolando, Sindi. Adesso dopo di una mostra fatta nella metà di ottobre mi hanno proposto di fare dei formaggi di capra a pasta filata (provolone). Quì mi sono cadute le braccia perchè quando vivevo in Puglia facevamo il misto di vacca e pecora in pasta filata. Mi chiedo con quale additivo (cloruro di calcio, siero innesto, fermento lattico) posso usare per ottenere la filatura della pasta ? Sul latte della Gir Leiteiro la dose di 1 gr di acido citrico a LT ottengo risultati sorprendenti. Tanto che faccio mozzarelle, caciocavallo, provolone, silano, burrate etc etc. Ma con il latte di capra cosa mi suggerite ??

    Ringrazio per le risposte già da adesso

    • Il processo della filatura avviene per demineralizzazione della cagliata ad opera dei batteri lattici o dell’aggiunta di acidi organici, indistintamente dal latte utilizzato.
      Per quanto riguarda il latte caprino è necessario tenere presente che le ridotte dimensioni dei globuli del grasso sono critiche, in quanto “sfuggono” con facilità durante la lavorazione dalle maglie della cagliata.
      Inoltre il grasso di latte caprino è soggetto a diversi fenomeni di ossidazione che influenzano poi la maturazione del prodotto, spesso con risultati negativi in termini di sapore ed aroma.
      Come da Lei giustamente menzionato, diverse tipologie di animali danno diverse performances. Ciò è dovuto principalmente ai differenti tenori proteici e diversa composizione caseinica del latte da loro prodotto.
      Si consigliano, per paste filate fresche, alcune prove con acido citrico, partendo da dosaggi di 1g/litro di latte sino a 1,4g/litro; valutandone poi i risultati sul prodotto finito. Con l’uso di colture lattiche si consiglia di attenersi ai dosaggi consigliati dalle case produttrici.
      Riguardo le paste filate stagionate tipo Caciocavallo e Provolone, si consigliano solamente colture lattiche in dosaggi tali da avere cagliate pronte alla filatura in 4-6 ore.
      Tenendo presente le caratteristiche sopracitate del latte ovino, si consigliano processi di filatura molto delicati, tra cui basse temperature dell’acqua di filatura (<80°C).
      Infine, la vecchia pratica di miscelare latte ovino e vaccino è un'ottima e valida opzione da applicare anche per le sue attuali esigenze con latte caprino.

  25. Buongiorno,
    nelle mozzarelle fior di latte che produco dopo un paio di giorni diventano all’interno burrose, perdendo di consistenza. Il liquido di governo che utilizzo è composto da acqua di rubinetto + 1,5% di sale (pH 2.5-2.6).
    Volendo realizzare un liquido di governo “casalingo” in quanto mi diletto nell’arte casearia cosa mi consigliate? Può andar bene la seguente ricetta?
    Acqua pastorizzata a 72°C per 20 secondi e poi raffreddata a 6°C
    + 0,1% di Cloruro di calcio E509
    + 1% di sale fino iodato

  26. Salve, produco formaggi ovini.
    Potrebbe consigliarmi come preparare una scotta innesto?
    Vorrei sapere tempi e gradi sh/50 e pH del prodotto.
    Potrei poi congelarla?
    Grazie ancora.

  27. Salve, produco mozzarelle di bufala da gia’5 anni. Recentemente ho grosse difficolta’. Mi spiego: uso siero innesto al 3/4% (pH=3,8 circa) a cui di recente ho iniziato ad aggiungere pure un po’ di fermenti liofilizzati, in quantita’ minima, per garantire una velocita’ di maturazione altrimenti variabile. Tutto andava bene; di recente il pH di filatura si e’ alzato enormemente, filo (quando e se ci riesco) a 5.30. Ho dovuto pure adeguarmi a togliere la cagliata e raffreddarla seppur non la veda filare affatto facendo un test. Poi lasciandola in H20 e ghiaccio per un’ora succede che successivamente fili. La finestra di pH e’ assai ridotta e tutto e’ assai rapido a mutare, leggasi che se tardo di 5 minuti o pochi decimali di pH per raffreddarla, marcisce. La cagliata e’ tenera, molto inconsistente rispetto ad una volta quando filavo a 4.9 – 5.0. Cosa mi suggerite di cambiare per ottenere una cagliata con piu’ nerbo e soprattutto per riuscire a vedere nei test l’approssimarsi del punto di filatura che ora non vedo piu’ o scorre via velocissimo in un delta di pH di soli 0.05 ? Grazie mille. (Uso latte crudo, pH in partenza 6,80. Non ho possibilita’ di misurarne la comppsizione)

    • L’utilizzo di colture liofilizzate + sieroinnesti naturali può causare questo genere di problemi a causa di interazioni tra le varie specie presenti. Inoltre eccessive velocità di maturazioni con cagliate che “scappano” denotano un eccesso di dosaggio delle colture.
      Variazioni così drastiche del pH di filatura sono da imputarsi alle differenti produzioni di acido lattico delle colture liofilizzare e naturali da siero ma, e soprattutto, dal diverso grado di demineralizzazione di queste. E’ la demineralizzazione (il Calcio legato alle proteine) ad influenzare le performances del processo di filatura, non il pH in sé.
      Si consiglia di procedere in 2 modi:
      – Uso di sieroinnesto naturale, tenendo presente che quest’ultimo va monitorato nella sua preparazione (temperature, tempistiche di acidificazione e pH) e che con il tempo è naturalmente soggetto a sbilanciamenti tra le specie presenti, a scapito degli streptococchi. Periodicamente è quindi necessario rinnovarlo e/o ancora meglio, miscelarlo con innesti provenienti da altri caseifici.
      I vantaggi, quali un accentuato profilo aromatico nella mozzarella, pagano il tempo e l’attenzione spesa al lavoro sull’innesto.
      – Uso di colture selezionate, in dosi doppie o triple rispetto al latte vaccino, visto l’alto potere tampone dato dal contenuto proteico del latte di bufala. I vantaggi sono un’indiscutibile stabilità e standardizzazione a scapito però del sapore, molto più dolce e piatto.
      In ambedue le tecnologie produttive, si consigliano tempi di acidificazione compresi tra le 4 e le 6 ore, al fine di ottenere cagliate della corretta consistenza. Un giusto grado di demineralizzazione corrisponde ad un pH compreso tra 5,00 e 4,70, a seconda del latte utilizzato, della filatura se manuale o meccanica e della tipologia di prodotto che si vuole ottenere.

  28. Buongiorno e grazie davvero della risposta!
    Se posso vorrei pero’ aggiungere alcuni dettagli per meglio comprendere il mio problema.
    Ho gia, durante innumerevoli tentativi di trovare una soluzione a questi mie difficolta’, ricorso a del siero innesto fresco impiegato da solo senza colture liofilizzate. Ahime’ non ho avuto nessun miglioramento. Allo stesso modo ho provato l’utilizzo di sole colture liofilizzate, ma nemmeno in questo caso ha funzionato. Preciso che uso colture “Termofili” acquistati dalla Tecnolatte e (quando impiegati da soli senza siero) ne uso una busta indicata buona per 50 litri per l’innesto di 100litri che lavoro di volta in volta.
    Uso latte crudo, la resa e’ buona (23/24%).
    Ritornando al siero, ogni volta che lo produco eseguo un trattamento di termizzazione a 68/70C per 10 secondi, dopodiche’ lo incubo ad una temperatura compresa tra i 46/47C e i 52C per tutelarmi da contaminazioni possibili. Cosi’ da tempo. L’incubazione richiede 2/3 giorni per arrivare ad un pH= 3,5 – 3,7. Il siero innesto cosi’ ottenuto lo uso (da lungo tempo) in percentuale del 3/4%.
    Capisco la possibilita’ di sbilanciamenti di specie microbiche nella caldaia aggiungendo le colture, ma l’utilizzo di siero fresco non ha sortito miglioramenti. Potete essere piu’ specifici sulle condizioni della preparazione del siero? Ho descritto la mia preparazione cosi’ che se dovesse esserci qualche raccomandazione da suggerirmi i vostri tecnici sappiano cosa faccio. Puo’ aver senso ad esempio pastorizzare il latte crudo da cui vado a ricavare il siero innesto fresco? O ancora… lo yogurt da supermercato puo’ in qualche modo apportare una correzione alla composizione del mio siero se sbilanciata? Altricaseifici qui non esistono e non ho modo di avere siero innesto diverso dal mio.
    Ho capito che il tempo di maturazione della cagliata puo’ giocare un ruolo determinante nell’ottenere una qualita’ della stessa adatta a performare bene (seppure in passato abbia maturato anche assai velocemente senza incontrare tutte queste difficolta’); o seppure per contro pero’ abbia anche volutamente a volte rallentato la fermentazione usando poco siero innesto e raggiungendo le 7/8 ore di maturazione (ma l’esito non e’ migliorato e la cagliata filava , male, ancora troppo alta… pH=5,20). Il tempo di maturazione delle ultime lavorazioni non e’ mai inferiore alle 3 ore dall’aggiunta del caglio, molto piu’ spesso vicino alle 4 ore o piu’.

    In merito al controllo della demineralizzazione non vi e’ nessun altro accorgimento da poter impiegare? Sali addittivi per esempio? O altri stratagemmi? Per far si che la demineralizzazione sia piu’ “sincrona” all’acidificazione e non anticipata come accade a me (se ho capito bene)?

    Ultimi dettagli che mi vengono in mente… aggiungo il caglio a pH=6,25 e T=38C. Poi scaldo ulteriormente (dopo mezz’ora dall’aggiunta del caglio ) fino a 40/42 C.
    Questa anomalia nel pH di filatura estremamente alto non puo’ trovare altra spiegazione se non nella composizione dello starter secondo voi? Altri fattori intrinsici presenti nel latte ad esempio? Contaminazioni di non so’ quale natura?
    Grazie nuovamente dell’aiuto.
    I miei saluti
    Alessandro Skabar

    • La preparazione di un siero innesto con un giusto rapporto tra le specie presenti necessita di alcuni giorni o addirittura settimane; il tutto in condizioni che devono essere standard.
      Normalmente si procede prelevando il siero dalla caldaia una volta rotta la cagliata e lo si conserva incubandolo direttamente senza termizzazione in condizioni igieniche ottimali a temperature comprese tra i 42°C ed i 48°C sino a raggiungere acidità comprese tra 18°SH/50 ed i 26°SH/50. Le tempistiche di tale processo sono normalmente inferiori alle 12 ore. I 3 giorni menzionati per ottenere tali risultati sono eccessivi e rischiosi causa la proliferazione di specie anticasearie.
      Tali tempistiche si ottengono ripetendo l’operazione sopra descritta per svariati giorni, al fine di dare il tempo alle varie specie di rafforzare ed aumentare il numero delle proprie colonie. Una piccola aggiunta di siero innesto (5-10%) proveniente da altri caseifici velocizza ed ottimizza tale lavoro.
      Una volta ottenuto l’innesto ed il dosaggio ottimale per avere una cagliata pronta alla filatura in 4-5 ore il lavoro principale e mantenere le performances, in termini di tempo, temperatura e valori di acidità.
      Tale operazione necessita di una discreta conoscenza di microbiologia; in tal senso un approfondimento con testi sull’argomento sarebbe di grande aiuto.
      Il giusto grado di demineralizzazione della cagliata lo si trova innanzitutto mantenendo la tipologia dell’innesto in condizioni standard e saggiando la cagliata con prove di filatura manuali; il tutto monitorato con un controllo del pH.
      Si sconsiglia infine di non riscaldare la cagliata, ma di mantenerla durante tutta la lavorazione intorno ai 36-37 °C, pena una cagliata troppo “nervosa” durante la filatura. Il riscaldamento si affettua normalmente aggiungendo siero caldo al siero che copre la cagliata in maturazione sino al raggiungimento di una temperatura finale tra i 42 ed i 45°C.

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