La scorsa settimana si è tenuto il convegno “Il grande riscatto del burro, Come la scienza ci ha restituito il piacere di un alimento naturale e prezioso per la salute e la tavola”. E i nutrizionisti, gli studiosi, gli esperti di cucina e gli chef stellati intervenuti, anche sulla scorta degli studi apparsi negli ultimi mesi sulle più autorevoli testate internazionali, nell’anno di Expo 2015 ne hanno decretano la definitiva riabilitazione dopo mezzo secolo di considerazioni infondate, pregiudizi e luoghi comuni. «Il burro è più che mai parte della dieta mediterranea – spiega Pierluigi Rossi, medico specialista in Scienza dell’Alimentazione. – Per comprendere la sua anima nutrizionale occorre conoscere il suo significato alimentare: ottenuto dal latte di vacca, porta nel nome stesso la sua origine mediterranea. Deriva infatti dal greco βουτυρος, che significa formaggio bovino. Il burro è un’emulsione di acqua e molecole lipidiche. È un alimento naturale il cui carattere nutrizionale lo rende ben tollerato anche da chi soffre di allergie alimentari». Ma le qualità del burro sono molteplici. «È un alimento ben digeribile, con pochissimo lattosio e ricco di vitamine importanti, (A, E, K) – prosegue Rossi. – Tra l’altro, è uno dei pochi alimenti a contenere la vitamina D, oggi definita un ormone per la sua azione uguale agli ormoni steroidei. La vitamina-ormone D agisce sull’integrità delle ossa, e la più innovativa ricerca scientifica ha evidenziato il suo ruolo guida sul sistema immunitario. Gli acidi grassi (tra cui omega 3 e Omega 6) contenuti nel burro miscelati fra loro contribuiscono alla crescita e al rinnovo continuo delle cellule degli organismi viventi. Il burro è quindi un alimento vitale, adatto a un organismo in rapida crescita, come un bambino o un adolescente, oltre a fornire un aiuto indispensabile ai muscoli in chi svolge attività fisica. Gli acidi grassi saturi – conclude Rossi – sono utilizzati per produrre energia e mantenere costante la temperatura corporea».
In quest’ultimo anno si è assistito a un vero e proprio processo di revisionismo nei confronti del burro. Merito di una serie di studi scientifici pubblicati negli Stati Uniti a partire dal 2014, che hanno mostrato le scarse basi della cosiddetta teoria lipidica che ha portato alla demonizzazione dei grassi tradizionali causa a suo dire di ogni malanno, dall’obesità infantile all’infarto alle malattie cardiovascolari. Il punto di svolta è stata la pubblicazione e il successo di The Big Fat Surprise, il libro con cui la nutrizionista Nina Teicholz, attraverso un lavoro durato 9 anni, ha mostrato come a partire dall’inizio degli anni ’60 la comunità scientifica americana abbia demonizzato i grassi animali e di come questa visione sia stata utilizzata dalla grande industria americana del food per promuovere il ricorso a grassi di origine vegetale. Un clamore che ha raggiunto il suo apice con la copertina del settimanale Time, che nel giugno dello scorso anno titolava Eat Butter, accompagnandolo da un sottotitolo eloquente: gli scienziati avevano etichettato il burro come nemico. Perché si sbagliavano. «Il latte è una delle più meravigliose e complesse opere della natura. Fondamentale alla vita. Il burro ne è la parte più nobile, nella quale risiede tutto il suo potere energetico, gli aromi, i sapori – spiega Roberto Brazzale, a capo dell’azienda casearia più antica d’Italia. – Eppure, per decenni questo prezioso alimento è stato vittima di assurdi pregiudizi e luoghi comuni che, oggi scopriamo grazie alla scienza, non avevano alcun fondamento. Vogliamo festeggiare questa liberazione, questa riconquista di un alimento straordinario per il piacere della tavola e per la nostra salute, ritrovando il gusto di goderne pienamente».