La discussione intorno al potenziale pericolo associato al consumo di latte crudo e derivati non si è mai interrotta. Un dibattito complesso perché si declina su vari piani di approfondimento: salute pubblica, tradizione lattiero-casearia, qualità e sicurezza alimentare. La questione è tornata di prepotente attualità con la grave vicenda del bambino ospedalizzato dal 2017 per un caso di sindrome emolitico uremica (SEU). Che, come accertato, è stato causato dal consumo di un formaggio (di malga) a latte crudo contaminato da ceppi di Escherichia coli STEC produttori di Shiga-tossina.
Una patogenesi non rara, probabilmente la stessa per altri due bambini recentemente colpiti da questa tossinfezione. Secondo il Registro Italiano SEU nel periodo luglio 2023-giugno 2024 sono stati registrati 68 casi. Tranne uno, tutti in età pediatrica, inferiore ai 15 anni. Di fatto, la SEU rappresenta la prima causa di insufficienza renale acuta in questa fascia di età, determinando una morbilità e una mortalità prematura. Nello stesso periodo, tre sono le notifiche pervenute al sistema di allerta RASFF collegate a formaggi a latte crudo contaminati da E. coli STEC.
Fatti e dati che pongono nuovamente in risalto l’importanza di controllare e migliorare la gestione dell’allevamento, i processi di raccolta e trasformazione del latte crudo, e la conservazione del relativo prodotto finito. Soprattutto in contesti produttivi a volte critici per questi aspetti, come quello di malga.
Nello stesso tempo, evidenziano la necessità di comunicare (con competenza) i possibili rischi associati al consumo del latte crudo e dei relativi derivati freschi. La SEU, la sua potenziale genesi alimentare e gli effetti della tossinfezione in fasce di popolazione vulnerabili sono spesso poco conosciuti. Mentre la scarsa scientificità di certe posizioni sulla sicurezza di latte crudo e derivati è ancora dilagante e preoccupante. Basti pensare che negli Stati Uniti, nonostante il bando in quasi un terzo degli Stati, si sta assistendo a quello che qualcuno ha definito un “rinascimento” del consumo di latte crudo. Supportato da campagne social basate su vecchie convinzioni del tipo “i bambini che bevono latte crudo non soffrono di asma e allergie”. O, ancora, “il latte crudo è sicuro grazie ai suoi componenti bioattivi che uccidono gli agenti patogeni e rafforzano il sistema immunitario”. Come dire, la pastorizzazione del latte è una fake news.
Eppure, quello della SEU e dei prodotti a latte crudo è un problema da non sottovalutare. Che troppo spesso viene semplificato in uno scontro tra l’igiene senza se e senza ma, e la paventata perdita di qualità del latte crudo e dei relativi derivati quando sottoposti a trattamento termico. La loro demonizzazione o esaltazione tout court è fine a sé stessa. E per molti versi inutile. La sicurezza e le tecniche tradizionali di raccolta e lavorazione del latte crudo non sono in contrapposizione. Entrambe richiedono conoscenza e competenza. Lo stesso vale per comunicare meglio il rischio. Che pur sempre esiste.