Sentenza del tribunale sul termine “grana”

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Il Tribunale di Venezia ha emesso la sentenza nella querelle che contrappone il Consorzio Tutela Grana Padano e il produttore caseario Brazzale. L’ente si era rivolto al tribunale a causa del reiterato utilizzo del termine “Grana” da parte di Brazzale in comunicazione per indicare il formaggio duro da loro prodotto in Repubblica Ceca.

Il commento del consorzio

“Come da sempre sostenuto dal Consorzio, grazie anche alla sentenza della Corte di Giustizia UE del 2007, il termine Grana, tra i formaggi, è associabile esclusivamente al Padano. Perciò Grana è solo Padano” – sottolinea Stefano Berni, direttore generale del Consorzio.

Ogni tentativo di chiamare Grana un formaggio similare costituisce illecita evocazione della DOP Grana Padano, nonché concorrenza sleale per scorrettezza professionale, sentenzia il Tribunale veneziano nel provvedimento del 25 maggio 2022.

“Salutiamo con grande soddisfazione la sentenza – commenta il direttore generale – rilevando, oltretutto, che ogniqualvolta il Consorzio è indotto ad adire le vie legali a tutela della denominazione Grana Padano DOP sempre trova ragione nei Tribunali a cui si deve rivolgere”.

Il Grana Padano “è un prodotto che gode di molto successo tra i consumatori italiani ed esteri e per tale motivo è troppo spesso imitato o soggetto ad azioni protese a far confondere prodotti diversi e meno pregiati con il Grana Padano – conclude Berni -. Ma come il Grana Padano c’è solo il Grana Padano”.

Il commento di Brazzale

Una sentenza pronunciata dalla sezione imprese del Tribunale di Venezia, e depositata l’8 giugno, afferma l’esistenza di una famiglia di formaggi grana prodotti nelle regioni del nord Italia. Tutto nasce da una causa promossa dal Consorzio del Grana Padano, che ha contestato alla Brazzale l’uso sporadico della parola grana nel corso di alcune interviste rilasciate, in particolare da Roberto Brazzale, e relative al proprio formaggio Gran Moravia e ai suoi metodi di produzione. La controversia non ha riguardato il termine Gran Moravia, né le informazioni presenti sul packaging e sulle etichette, la cui correttezza e trasparenza non è stata messa in discussione dai giudici.

Roberto Brazzale

“Sebbene la sentenza abbia sanzionato Brazzale Spa, riteniamo comunque di aver ottenuto un primo successo perché, grazie all’imponente mole probatoria da noi prodotta, la stessa sentenza ha finalmente affermato che esiste una gamma di formaggi grana che comprende anche prodotti diversi dal Grana Padano DOP, quale il Parmigiano Reggiano”, afferma Roberto Brazzale commentando il pronunciamento dei giudizi di Venezia.

“Si tratta di una autentica rivoluzione” continua Roberto Brazzale: “portata alle sue logiche conseguenze, la sentenza del Tribunale di Venezia pare aprire la strada affinché altri formaggi, diversi dal Grana Padano DOP, purché prodotti nel nord Italia, possano usare il nome ‘grana’”.

Commentando la sanzione civilistica addebitata all’azienda, Roberto Brazzale aggiunge: “Ci è stata comminata per aver usato le stesse parole che pare utilizzare la sentenza per descrivere Gran Moravia, quando afferma che “in giudizio non è contestato che “Gran Moravia” sia formaggio a pasta dura pressata, appartenente alla famiglia dei formaggi di grana in ragione delle sue caratteristiche chimico-nutrizionali o in ragione delle modalità di sua produzione”. E si basa sull’opinione dei giudici secondo la quale il libero uso della parola sarebbe limitato ai grana prodotti nel nord Italia, mentre la nostra Filiera Ecosostenibile si estende a cavallo delle Alpi, tra l’Italia e la Repubblica ceca. Non possiamo condividere le conclusioni del tribunale e pertanto impugneremo la sentenza in ogni sede, eventualmente anche ricorrendo alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea”.

Continua Brazzale: “La sentenza afferma che il termine grana non può essere considerato “generico” ai sensi del regolamento Ue 1151/2012 sulle DOP. Non siamo d’accordo. A nostro parere, infatti, il predetto regolamento è inequivocabile: se una denominazione di origine protetta contiene il nome di un prodotto considerato generico, l’uso di tale nome generico è libero, come avviene pacificamente ad esempio con mozzarella, provolone o pecorino. E se il nome in questione non è un nome geografico di cui si discuta se è diventato o meno generico, come “edam” o “gouda”, ma è generico per sua natura perché identifica il risultato di una precisa tecnologia come quella dei formaggi grana, generico lo è sempre stato e sempre lo sarà, e lo è ogni volta e ovunque quella tecnologia la si usi, senza che abbia senso una limitazione territoriale. Un nome di prodotto considerato generico, dunque, può comporre una denominazione di origine abbinato a una specifica geografica ovvero essere usato liberamente per prodotti non DOP: è il caso di Mozzarella di Bufala Campana e mozzarella, come di molti altri”.

In ogni caso, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza, Gran Moravia non ha mai cercato di evocare la DOP Grana Padano attraverso le interviste rilasciate da Roberto Brazzale bensì di distinguersene in ogni modo, per sottolineare la specialità della propria filiera produttiva in termini di salubrità, benessere animale, sostenibilità e innovazione di prodotto.

“Si può addirittura affermare che tutto il lavoro svolto dalla nostra azienda negli ultimi vent’anni è stato andare oltre il modello DOP, ritenuto limitativo, e comunicare questa differenza nel modo più chiaro offerto dalla tecnologia, come avviene con l’Etichetta di Origine Multimediale, che mostra su mappa fotografica satellitare l’area di raccolta e tutte le aziende fornitrici di latte. Modelli innovativi ecosostenibili e di respiro europeo come Gran Moravia già vincono sullo scaffale, perché incontrano le sensibilità più moderne del mercato. Presto la vittoria della nostra battaglia per la libertà e la corretta informazione al consumatore sarà completa”, aggiunge Brazzale. “Chi fa un prodotto usando una particolare tecnologia che si distingue dalle altre deve essere libero di poter usare le parole che la descrivono inequivocabilmente, a maggior ragione se quella parola è una sola. L’uso della lingua italiana non può essere riservato a una corporazione privata”.