Aggiornamento normativo

Si può fare

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Così ha deciso il tribunale del riesame di Napoli per il tricolore italiano apposto sui prodotti caseari fabbricati in Italia con cagliate di provenienza comunitaria

Premessa

Origine territoriale dei prodotti lattiero–caseari: prezioso chiarimento dal Tribunale del riesame di Napoli che – con ordinanza del 14 ottobre/15 novembre 2013 – ha confermato l’origine italiana per i prodotti caseari (mozzarella per pizzeria e altri simili) fabbricati in aziende casearie situate in Italia, sia pure impiegando cagliata di provenienza da altri Paesi CEE. Su denuncia dei Carabinieri del NAS, il pubblico ministero della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) di Napoli aveva ipotizzato il delitto di “frode in commercio” (art. 515 del Codice penale) nella messa in commercio di tali prodotti (mozzarelle comuni e simili) in confezioni riportanti la bandiera tricolore italiana o comunque riportanti diciture e immagini con uso dei colori rosso e verde su fondo bianco, ritenendo – il pubblico ministero – che in tal modo si esaltasse falsamente l’origine italiana del prodotto lattiero-caseario.

Da qui la richiesta al GIP del Tribunale di Napoli di sequestrare – caso assolutamente insolito per la nostra esperienza professionale – non semplicemente il materiale di confezionamento e di etichettatura riportante i “segni italici” incriminati o al più i prodotti già confezionati, ma addirittura l’intero caseificio dell’imprenditore caseario così indagato. La richiesta di sequestro del 2010 del P.M. era stata respinta però dal GIP nella primavera del 2012 e allora riproposta dalla Procura con appello al Tribunale del riesame nel luglio del 2012. Iniziava così il 17 agosto del 2012 un’interminabile serie di udienze (in genere ne basta una per le decisioni del Tribunale del riesame, in questo caso se ne sono totalizzate ben nove!) che hanno tenuto in ansia ben più dei ventotto caseifici interessati e sparsi dalla Sicilia al Veneto, ma in realtà tutto un intero settore di centinaia o forse migliaia di utilizzatori di cagliate di latte di provenienza CEE.

Cagliate erano trasformate in formaggi comuni e simili dalle aziende italiane serenamente, fino a quel momento del 2010, convinte di dar vita a prodotti “made in Italy” e ciò alla luce delle norme europee e nazionali allora (come oggi del resto) vigenti. E, in effetti, la questione giuridica di fondo di tale vicenda giudiziaria – ovvero quella della nazionalità dei prodotti realizzati in Italia impiegando in tutto o in parte materie prime di provenienza estera – è questione attuale anche per settori dell’agro-alimentare (e non solo) diversi da quello lattiero-caseario: pertanto non ci sembra azzardato dire che l’ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli è stata attesa con grande attenzione da un notevole numero di operatori, ben più numerosi della trentina o poco più di quelli indagati dalla Procura della Repubblica partenopea.

Si può fare

“Si può fare”: così ha deciso alla fine – con l’ordinanza del 14 ottobre 2013 – il Tribunale del riesame, affermando in termini inequivocabili che: “… la trasformazione in Italia della cagliata proveniente dall’estero consente l’indicazione della italianità del prodotto sull’etichetta”. A questa conclusione il Tribunale è pervenuto partendo dal rilievo che: “Si ricorda che legge n. 4 del 3 febbraio 2011, successiva ai fatti per cui si procede, ha ribadito che il luogo di origine o provenienza dei prodotti alimentari trasformati si identifi ca nel luogo in cui è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale”.

In realtà il Tribunale avrebbe fatto bene a ricordare che, prima ancora della legge n. 4 del 2011 e prima ancora dei fatti esaminati risalenti al 2010, sin dal 1992 la materia deve ritenersi disciplinata dal cd. Codice Doganale Comunitario (reg. CEE n. 2913/1992) il cui art. 24 adotta appunto il criterio del luogo di ultima lavorazione o trasformazione sostanziale per individuare l’origine territoriale di una merce (anche diversa dai prodotti alimentari) fabbricata in un Paese diverso da quello di provenienza della materia prima (o anche di un semilavorato) adoperata per la sua fabbricazione.

che, nel caso delle produzioni lattiero-casearie realizzate con l’uso di cagliate di origine CEE (o comunque estera), comporta che l’origine territoriale del prodotto fi nito (mozzarella per pizzeria e simili: nel caso giudicato dal Tribunale del riesame di Napoli), porta alla conclusione che l’origine territoriale va individuata nella località di ubicazione del caseifi cio che procede alla “trasformazione sostanziale” della cagliata in un formaggio ovvero in altro prodotto caseario finito.

La decisione del “giorno dopo” della Commissione CE

Peraltro va segnalata anche la singolare coincidenza tra la data del 21 aprile del 2010, giorno in cui simultaneamente furono eseguite perquisizioni e sequestri di documenti commerciali e materiali di etichettatura e confezionamento presso tutti i caseifi ci interessati all’indagine (anche se in realtà questi rappresentano solo una modestissima parte di quelli che sul territorio nazionale si avvalevano e si avvalgono delle stesse cagliate di origine estera per produrre gli stessi formaggi per pizzeria), e la data del 22 aprile 2010, ovvero il giorno successivo, in cui la Commissione della CE emetteva una Decisione con la quale bocciava la richiesta del Governo italiano di disciplinare l’etichettatura dei prodotti lattiero-caseari, tra cui espressamente considerando anche le “cagliate”, proprio con riferimento all’indicazione del territorio d’origine delle materie prime.

Una tale indicazione “territoriale”, prospettata come obbligatoria dal ministero italiano per le Politiche agricole, non è stata invece condivisa né giustifi cata dalla Commissione CE in quella Decisione del 22 aprile 2010 che al riguardo ha – tra l’altro – testualmente così osservato: “Le autorità italiane… sostengono che il decreto notifi cato è necessario per regolamentare l’etichettatura dei prodotti alimentari di cui all’articolo 1 del decreto in questione (ovvero: “prodotti lattiero-caseari, ivi compresi i latticini…) Nel processo di fabbricazione dei formaggi l’utilizzo di cagliate deve essere menzionato in etichetta specifi cando il luogo di origine del latte impiegato nella cagliata”.

Orbene una tale indicazione (dell’origine territoriale) del latte impiegato nei prodotti lattiero-caseari in genere e in particolare nelle “cagliate” (cagliate che la Decisione si preoccupa di annoverare espressamente tra i prodotti interessati a tale etichettatura evidentemente preoccupata di non limitare la portata della sua determinazione solo ai prodotti “fi niti”, ma anche a un semilavorato quale appunto è la “cagliata”) è stata inibita energicamente dalla Commissione, si può ben dire, al Governo italiano con la decisa affermazione secondo cui “l’Italia è tenuta a non adottare” le disposizioni della bozza di decreto ministeriale che invece prevedevano l’obbligo di detta indicazione territoriale per i prodotti in questione.

E questo perché (motiva la Commissione al punto 14 del preambolo della sua Decisione del 22 aprile 2010) “Le autorità italiane non hanno dunque dimostrato che l’indicazione di origine prevista dal decreto notifi cato è necessaria per il conseguimento di uno degli obiettivi di cui all’art. 18, paragr. 2, della dir. 2000/13/CE”. Quest’ultima norma comunitaria consente di derogare alle regole CE in materia di etichettatura sempre e solo quando siano addotte fondate esigenze di tutela della salute pubblica o della buona fede dei consumatori dalle frodi commerciali. Fondate esigenze di tutela che, nel caso in esame, non sono state né dimostrate e neppure quantomeno specifi cate, secondo la Commissione, in quanto le autorità italiane si sono limitate solo “a un riferimento generico alla necessità di tutelare gli interessi del consumatore”.