Attraverso diverse iniziative, come il riconoscimento della denominazione volontaria “prodotto di montagna” nel recente Pacchetto qualità, l’Ue mira a salvaguardare e valorizzare i prodotti di montagna. Ma questo non basta. Ci vuole un marketing mirato che solo l’associazionismo è in grado di assicurare
Nelle aree montane, l’attività zootecnica ha un ruolo fondamentale sia per le relazioni socio-economiche sia per la gestione del paesaggio. Nell’Unione europea, le aree montane, definite dall’art. 18 del regolamento 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, sono il 18,5% della superficie e contano quasi 2 milioni e mezzo di aziende, il 17,8% delle imprese europee. In Italia la percentuale della superficie considerata montana aumenta notevolmente, arrivando al 47,5%, mentre quella delle aziende agrarie è del 31% di quelle totali. Sempre il regolamento n. 1257/99/CE descrive le zone di montagna come svantaggiate per diversi motivi, fra cui la notevole limitazione delle possibilita di utilizzazione delle terre e l’aumento del costo del lavoro; svantaggi dovuti all’esistenza di condizioni climatiche che si traducono in un periodo vegetativo nettamente abbreviato e alla presenza nella maggior parte del territorio di forti pendii che rendono impossibile la meccanizzazione o richiedono l’impiego di materiale speciale assai oneroso.
Si assiste anche a una combinazione dei due fattori, quando lo svantaggio derivante da ciascuno di questi presi separatamente è meno accentuato, ma la loro combinazione comporta uno svantaggio equivalente. Accanto agli svantaggi vi sono però alcuni dati economici positivi. Il prezzo riconosciuto per il latte bovino al produttore nelle zone di montagna è mediamente più alto, circa il 10%, rispetto a quello delle aziende site in zone meno svantaggiate. Il fatturato totale delle zone montane europee è di 31,3 miliardi di euro (11% del fatturato agroalimentare di tutta l’Ue). Il primato della produzione di latte bovino di montagna spetta alla Francia con il 25% del totale europeo. Segue l’Italia con il 17,5%.
La promozione passa dalla conoscenza
La promozione dei formaggi di montagna passa necessariamente dalla valorizzazione dell’attività zootecnica, che oltre alla produzione, garantisce la salvaguardia dell’ambiente, delle comunità montane, della qualità e della tradizionalità dei prodotti. La concezione del formaggio di montagna quale produzione tradizionale e molto legata al territorio è il punto di forza di questa tipologia di prodotti. Il consumatore è portato ad associare al formaggio tradizionale una maggiore ricchezza di profumi e aromi che fatica a ritrovare in un formaggio prodotto con procedure standardizzate. E considerato che sembra disposto a pagare di più per un prodotto che riconosce di maggiore qualità, va da sé che la valorizzazione dei formaggi di montagna passi attraverso la conoscenza della loro origine.
Su questa strada si sta movendo l’Unione europea, come dimostra il regolamento CE n.1151 approvato a fine 2012 “sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari” noto come Pacchetto qualità, che oltre a rivedere la disciplina delle denominazione d’origine Dop, Igp e Stg, istituisce con l’articolo 31, la denominazione volontaria “Prodotto di montagna”. Essa può essere utilizzata esclusivamente per indicare un prodotto ottenuto con materia prima e/o mangimi per animali provenienti essenzialmente da aree di montagna e il cui processo di trasformazione avviene nelle aree di montagna come definite dal reg. 1257/99, art. 18.1. Il Pacchetto qualità, però, è solo l’ultima iniziativa intrapresa volta alla valorizzazione dei formaggi di montagna.
Nel 2003, infatti, è stato istituito con il D.M. 30/12/2003 l’Albo dei Prodotti della Montagna, che dava l’opportunità ai formaggi Dop di fregiarsi della menzione “prodotto della montagna” se appartenenti al territorio montano, ovvero una zona geografica avente altitudine non inferiore a 600 metri nell’Italia settentrionale e 700 metri nell’Italia centromeridionale e insulare. Tuttavia questa azione volta a offrire maggiori informazioni al consumatore escludeva gran parte della produzione casearia montana non a marchio collettivo e non faceva alcun riferimento alla tecnica produttiva, artigianale o meno, adottata. Anche la proposta del nuovo regolamento sullo Sviluppo rurale 2014-2020, si occupa di sviluppo dei territori montani, grazie alla possibilità di includere programmi ad hoc.
Il Protocollo della Convenzione alpina sull’agricoltura di montagna (COM 2006 170) è stato, invece, pensato per garantire una politica comune per l’Arco alpino, al fine di valorizzarne il patrimonio montano sotto diversi punti di vista: dal riconoscimento del ruolo centrale dell’agricoltura per la salvaguardia dell’ambiente, alla valorizzazione dei prodotti montani per garantire la sopravvivenza delle comunità locali. Punti cruciali già compresi nella “Carta europea dei prodotti agricoli di qualità delle aree montane” proposta da Euromontana, l’associazione europea per la cooperazione e lo sviluppo dei territori di montagna.
[box bg=”#cccccc” color=”#000000′ title=”Inventiva e capacità imprenditoriali”]Claudio Paleni, titolare del Caseifico Paleni, che da oltre 50 anni produce i tipici formaggi delle valli bergamasche tra cui il Branzi, la Formagella Val Cavallina, la Toma Monte Corna. Attualmente trasforma circa 400 quintali di latte al giorno, tutto proveniente da zone montane.
Per valorizzare e promuovere i formaggi di montagna e zona montana ci sono alcuni sporadici interventi delle comunità montane e pochi altri strumenti. È tutto nelle mani dei produttori, della loro inventiva e delle loro capacità imprenditoriali. A livello cooperativo c’è qualche aiuto in più. A livello privato no. Ma sinceramente non sento il bisogno di ulteriori strumenti, di sostegno o di aiuti economici.
I formaggi di montagna e zona montana sono caratterizzati da un forte legame con il territorio, che aiutano a salvaguardare. Hanno una caratterizzazione, una maggiore ricchezza di profumi e aromi, derivanti dal latte prodotto in montagna, che i prodotti di zona pianura difficilmente riescono avere. Il nome di un formaggio legato al territorio dà uno spunto in più per il successo della sua commercializzazione. È sulla qualità, la caratterizzazione, l’idea di tradizionalità di stretto legame con il territorio che noi produttori di formaggi di montagna dobbiamo puntare.
[/box]Marketing mirato e organizzazione
Queste iniziative, così come il fatto di produrre formaggi unici, non bastano a garantire la sopravvivenza delle comunità montane e dei loro prodotti tipici. Molti caseifici, malghe e aziende lattiero-casearie si sono rese conto che è necessario sviluppare una strategia di marketing coerente, ossia sapere quali sono i target che ricercano e danno valore a quel prodotto, quali i canali distributivi adeguati. Si parla sempre più spesso di marketing mirato, in contrapposizione a un marketing indifferenziato e generalista in genere costoso e dispersivo.
Per aumentare la competitività, alcune aziende montane, la maggior parte di piccole dimensioni, stanno strutturando reti di impresa che consentono al tempo stesso di condividere sapere ed esperienza, riducendo i costi. Esse sono definite dalla legge n. 112 del 25 giugno 2008 come atte a “promuovere lo sviluppo del sistema delle imprese attraverso azioni di rete che ne rafforzino le misure organizzative, l’integrazione per filiera, lo scambio e la diffusione delle migliori tecnologie, lo sviluppo di servizi di sostegno e forme di collaborazione tra realtà produttive anche appartenenti a regioni diverse”.
[box bg=”#cccccc” color=”#000000′ title=”Prodotto di montagna in etichetta, un vantaggio competitivo”]Il presupposto su cui poggia la nuova disciplina comunitaria è che i produttori possano comunicare in etichetta le caratteristiche dei formaggi ottenuti con latte proveniente da aree di montagna e il cui processo di trasformazione avviene nelle medesime aree. Questa trasparenza di informazione potrà contribuire ad aumentare la notorietà e la riconoscibilità di tali formaggi, sostenendo le loro quotazioni. La volontà del legislatore di dare una connotazione definita a questi prodotti costituisce un riconoscimento delle qualità organolettiche ed evidenzia non solo l’attenzione posta nei riguardi del sostegno allo sviluppo rurale, ma anche la consapevolezza che ci siano effettive peculiarità che distinguono questi formaggi da analoghi prodotti in aree differenti. Valorizzare la produzione dei formaggi di montagna significa anche continuare nel percorso di recupero intrapreso relativamente alla pratica dell’alpeggio.
La riscoperta e la valorizzazione delle malghe, non solo come strutture in cui vengono alpeggiati i bovini, ma anche come luoghi in cui il turista può scoprire il ruolo di multifunzionalità della zootecnia di montagna e conoscere la tradizione, la tipicità e la qualità dei formaggi, devono rappresentare il valore aggiunto di questo settore. Poter comunicare in etichetta la provenienza da zone di montagna potrebbe rappresentare già di per sé un vantaggio competitivo per questi formaggi, prodotti in aree dove bisogna quotidianamente confrontarsi con svantaggi naturali permanenti: costi di produzione più alti rispetto alle zone di pianura, difficoltà di trasporto e di comunicazione, frammentazione delle aziende, natura morfologica del terreno. Considerato che il legislatore europeo ha deciso di dare una connotazione definita ai formaggi di montagna, penso sia doverosa un’attenta riflessione circa il ruolo che la nuova PAC dovrà avere nel mantenimento della produzione in queste zone di montagna, in vista della cessazione del regime delle quote latte.
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