WTO e dazi USA-UE: che confusione!

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Non è ancora completo il puzzle dei dazi che il WTO ha autorizzato nel quadro della decennale disputa Airbus-Boing. Sono noti, infatti: l’importo complessivo (7,5 miliardi di euro) per il quale gli USA hanno ottenuto il nullaosta; la lista di prodotti europei su cui saranno applicati; e la data di inizio imposizione, il 18 ottobre. Ma forse i giochi non sono fatti: il meeting del 14 ottobre chiesto al WTO dagli USA potrebbe ancora sparigliare le carte in tavola.

Per ora, comunque, tutto questo ha portato a dure reazioni anche da parte del comparto lattiero, tra quelli più pesantemente colpiti. Infatti, dazi del 25% ad valorem saranno applicati tra gli altri a Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Pecorino, yogurt, burro, Provolone, formaggi freschi, per restare in ambito italiano.

Affidiamoci al dialogo

Giorgio Mercuri, presidente di Alleanza Cooperative Agroalimentari, chiosa «Rinnoviamo il nostro appello al governo italiano ad attivarsi presso le sedi europee per evitare che l’amministrazione americana proceda immediatamente ad imporre tariffe doganali sulla lista di prodotti europei, tra i quali compaiono come è noto prodotti agroalimentari come formaggi, vini, pasta e salumi, che penalizzerebbero pesantemente migliaia di imprese che esportano le eccellenze del made in Italy. Riteniamo inaccettabile infatti che settori del tutto estranei a quelli oggetto della controversia possano essere pesantemente colpiti».

Mercuri poi sottolinea che «Considerato che anche l’UE ha aperto una procedura simile per via di aiuti statunitensi erogati alla propria industria aerospaziale ed è pronta a sua volta a colpire le importazioni di prodotti americani in Europa per circa 12 miliardi di euro sarebbe fortemente auspicabile che le due parti si siedano intorno ad un tavolo negoziale e che trovino un’intesa che scongiuri misure che farebbero solamente male ad entrambi i Paesi, con danni inevitabili sia alle imprese che ai consumatori, come ha sottolineato lo stesso commissario UE al Commercio, Cecilia Malmstroem».

Il Parmigiano Reggiano non ci sta

In una nota il consorzio che cosa cambierà per il Parmigiano Reggiano, per il quale gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato export con 10 mila tonnellate di prodotto. Il dazio passerà dagli attuali 2,15 a circa 6 dollari al chilo. Quindi per il consumatore americano il costo a scaffale del Parmigiano Reggiano passerà dagli attuali 40 dollari al chilo a oltre 45 dollari al chilo, dal 18 ottobre.

Difficile, al momento, prevedere quali saranno gli effetti immediati delle tariffe. «Siamo amareggiati perché si va a colpire ingiustamente uno dei settori più forti della nostra economia. L’Italia, che non c’entra nulla con il consorzio Airbus (ne fanno parte la Francia, la Germania, la Spagna e il Regno Unito), si trova a pagare una bolletta veramente insensata. A questo punto servirà un piano di intervento straordinario dell’Unione Europea per evitare che gli effetti dei dazi diventino traumatici per le filiere coinvolte» ha commentato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano. In una successiva nota il presidente ha rincarato la dose: «Un documento della National Milk Producers Federation rende esplicita la volontà del governo americano di fare guerra alle IG europee. Finalmente è chiaro per quale motivo nell’elenco dei prodotti soggetti a dazio aggiuntivo del 25% ci siano solo determinate indicazioni geografiche italiane, come il Parmigiano Reggiano. I dazi non sono altro che una ripicca perché l’Europa tutela le DOP registrate: i formaggi americani (come il Parmesan, ma anche l’Asiago o il Gorgonzola, la Fontina made in USA) non possono pertanto entrare all’interno dell’Unione Europea. I ‘tarocchi’ che vengono prodotti altrove e che usano un nome che evoca il prodotto originale italiano hanno come effetto quello di trarre in inganno il consumatore. Se Trump è America first, il Consorzio del Parmigiano è American consumer’s first. Il consumatore che acquista il Parmesan è spesso convinto di acquistare un prodotto italiano. Il Consorzio ha mostrato ad un campione significativo di consumatori americani un Parmesan che riportava in etichetta l’indicazione esplicita “Made in Winsconsin”. Due terzi del campione intervistato ha dichiarato di ritenere il prodotto di provenienza italiana. Per questo motivo il Consorzio del Parmigiano Reggiano si batte affinché, anche fuori dall’Unione Europea, il nome Parmesan possa essere utilizzato solo per l’autentico prodotto Parmigiano Reggiano. Altrimenti, non saranno solo le aziende italiane a subire un danno, ma tutti i consumatori americani che vengono ingannati perché acquistano un fake nella consapevolezza di acquistare il vero Parmigiano Reggiano».

Sarebbe un macigno per il Grana Padano

Stefano Berni, direttore Generale del Consorzio Grana Padano, ha affermato che «Se venissero applicati i dazi annunciati, il sistema Grana Padano, in un anno, subirebbe un danno quantificabile in circa 270 milioni di euro. Un vero e proprio macigno che metterebbe in ginocchio un intero comparto. Ci auguriamo che alle prese di posizione del presidente Conte, facciano seguito interventi concreti nelle sedi internazionali competenti. Il valore annuo della produzione di Grana Padano al caseificio è di 1,5 miliardi di euro e il valore di quello esportato in un anno negli USA alla produzione è annualmente di 60 milioni. l valore della perdita di esportazione, pari a non meno dell’80%, sarà di 50 milioni all’anno. Senza sottovalutare che le forme già da mesi nei magazzini di stagionatura e destinate al mercato americano, peseranno tremendamente sugli altri Paesi, tra cui l’Italia, portando squilibrio sicuro nella bilancia commerciale».

Preoccupazioni anche per l’Asiago

Sebbene non espressamente citata tra i prodotti che potrebbero cadere sotto la scure delle sanzioni USA, la produzione di Asiago DOP è sub iudice insieme a quella casearia a latte vaccino italiana. L’incertezza del momento è già un danno che, per la filiera dell’Asiago DOP, potrebbe essere, nei prossimi mesi, molto significativo perché gli USA rappresentano il primo sbocco commerciale per la specialità veneto-trentina ed è un mercato in crescita costante con percentuali di export a valore passate dal 21% nel 2016 al 34% del primo semestre 2019.

«Le nostre aziende hanno negli anni investito molto in questo mercato, creato lavoro per sé e per gli operatori economici americani, portando la nostra migliore tradizione casearia italiana. Oggi, l’aumento dei dazi potrebbe far incrementare il costo dell’Asiago DOP, con un danno per i consumatori che dovrebbero pagare dai 3 ai 4 dollari in più al chilogrammo – continua il presidente del consorzio Fiorenzo Rigoni. – Un colpo durissimo al quale non vogliamo e non possiamo piegarci. Sappiamo che anche negli USA molti importatori, ma anche distributori e mondo della ristorazione sono preoccupati; questa scelta potrebbe mettere a rischio migliaia di posti di lavoro, bloccare gli investimenti e l’intera catena distributiva».

Pertanto il consorzio  auspica che, nelle prossime settimane, l’apertura al dialogo manifestata dagli USA, possa portare a una profonda revisione dell’elenco dei prodotti italiani e, allo stesso tempo, a una corale azione da parte delle istituzioni per preservare il valore delle produzioni d’origine protetta europee.

Prudenza per Origin Italia

Nel corso della presentazione odierna del progetto EEQF (Enjoy European Quality Food) di valorizzazione di 5 IG italiane, Cesare Baldrighi, presidente Origin Italia, ha voluto dire la sua a caldo: «La questione sui possibili dazi americani comporta serie preoccupazioni e bisogna vedere quali saranno sul campo concretamente queste misure». Sono, infatti, in molti a sperare una soluzione last minute nel meeting del 14 ottobre chiesto WTO.

Il Mipaaf sollecita la creazione di un fondo UE azzera dazi

«Serve un fondo europeo per azzerare l’effetto degli eventuali dazi americani sui prodotti agroalimentari. Mettere a rischio i nostri formaggi, il vino, l’olio, le eccellenze che rappresentano la cultura e l’identità dei  nostri territori è inaccettabile. Ora è il momento della diplomazia, bisogna trovare un accordo con l’Amministrazione Trump, perché una guerra commerciale con l’Europa la pagherebbero solo cittadini e imprese. Ma credo sia arrivato il momento per l’Europa di anticipare i problemi, perché fino ad oggi siamo arrivati a intervenire con due o tre anni di ritardo. Quando magari le aziende avevano chiuso. Ecco perché ho scritto al Commissario Hogan per prevedere in ogni caso la creazione di un Fondo Azzeradazi e di valutare ogni azione necessaria anche sulle restituzioni all’esportazione. Siamo davanti a una fase nuova delle relazioni internazionali, non possiamo usare strumenti inadeguati. Servono risposte immediate, perché il rischio è altissimo».

 

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