Impiego di batteri lattici contro il deterioramento di prodotti freschi e stagionati

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L’uso di metodi biologici per limitare e ritardare lo sviluppo di contaminanti nei prodotti lattiero-caseari è un approccio che potenzialmente potrebbe permettere la produzione di prodotti naturali, sicuri e sostenibili.

Il deterioramento dei prodotti alimentari a causa di miceti e/o microorganismi contaminanti è un fenomeno comune e diffuso a livello globale. In Europa, 29 milioni di tonnellate di prodotti lattiero-caseari vengono eliminati ogni anno a causa di contaminazioni di batteri e miceti (Kabelmann&Olsen, 2016). Tutto questo può tradursi in un potenziale incremento sia dell’impatto ambientale del settore sia nel rischio di richiamo di prodotto, con conseguente danno del marchio. L’abilità di questi contaminanti di crescere alterando così le caratteristiche sensoriali e la salubrità dei prodotti dipende da numerosi fattori, tra cui l’attività dell’acqua (aw), il pH, la disponibilità di nutrienti, le condizioni di conservazione e la presenza di altre specie microbiche.

Ruolo dei batteri lattici come colture protettive

Con il termine bioprotezione si definisce il meccanismo di estensione della shelf life e miglioramento della salubrità di un prodotto alimentare, attraverso approcci naturali come l’utilizzo di colture di batteri lattici. Varsha&Namoothire (2016), hanno valutato le potenzialità di metodi biologici e naturali per ridurre l’impiego di additivi conservanti, quali sorbato di potassio, nitrati e lisozima; suggerendo l’uso delle colture di bioprotezione come strumento per contrastare lo sviluppo di microrganismi patogeni e/o contaminanti. Un secondo studio, realizzato da Chikindas (2017), analizza le diverse possibilità, come l’impiego di Lactococcus lactis, per evitare alterazioni degli alimenti quali il gonfiore tardivo in formaggi stagionati. La fermentazione butirrica è la più gasogena tra le fermentazioni casearie anomale; generalmente associata alla presenza di clostridi sporigeni è la principale causa del gonfiore tardivo in formaggi stagionati. I clostridi sono batteri Gram+, a forma bastoncellare sporigeni, anaerobi. Metabolizzano i lattati, producendo acido butirrico, idrogeno e CO2. La presenza di clostridi può causare significativi danni, in quanto sono sufficienti 200 spore/L di latte per causare il gonfiore tardivo dei formaggi. Alla luce di quanto sopra, sono stati condotti due studi al fine di valutare l’efficacia dell’utilizzo di batteri lattici come metodo biologico per prevenire alterazioni sensoriali e di salubrità in prodotti caseari freschi e stagionati.

Studio dell’effetto inibente di L. rhamnosus contro lo sviluppo D. hansenii in latte fermentato

Al fine di determinare l’effetto inibente di Lactobacillus rhamnosus nei confronti di Debaryomyces hansenii in latte fermentato, è stato impiegato un litro di latte omogenizzato (1,5% di grassi), trattato a 95 °C per 5 min e raffreddato immediatamente al termine del trattamento termico. Per la preparazione del latte fermentato, la materia prima omogenizzata e trattata termicamente è stata inoculata con una coltura starter (F-DVS® YF-L901, Chr.Hansen A/S), dosaggio 0,02%. In contemporanea, il latte è stato inoculato con la coltura L. rhamnosus (FreshQ®, Chr.Hansen A/S).

Al fine di quantificare l’azione bioprotettiva, come riferimento è stato utilizzato latte omogenizzato inoculato esclusivamente con la coltura starter. Il latte è stato fermentato alla temperatura di 43±1 °C fino al raggiungimento del pH target 4,60±0,05. Il latte fermentato così ottenuto è stato dosato in vasetti da 75 mL e conservato a 7±1 °C. Dopo 24 ore dalla preparazione, il latte fermentato è stato inoculato (20 CFU/g) in doppio con D. hansenii e poi conservato a 7±1 °C. A intervalli regolari, sia dal campione riferimento che dal campione inoculato con L. rhamnosus, è stato prelevato un millilitro di latte fermentato (figura 1). Ogni aliquota di campione è stata diluita 1:1 e impiegata per inoculare piastre con YGC agar, poi incubate per 5 giorni a 28 °C. Inoltre, è stata anche condotta un’analisi visiva sui campioni di latte fermentato conservati a 7±1 °C. Come riportato in figura 1 la crescita di D. hansenii in presenza di L. rhamnosus è stata significativamente inibita quando inoculata in combinazione con la coltura starter. Studi simili hanno dimostrato che la coltura FreshQ® possa essere impiegata come metodo biologico per prevenire la crescita di contaminanti in formaggi freschi come crescenza, primo sale e robiola.

Figura 1. Crescita di D. hansenii in presenza di Lactobacillus rhamnosus

Effetto dell’utilizzo di colture di bioprotezione in sostituzione del lisozima in formaggio a pasta dura

Al fine di valutare l’efficacia della coltura Lactococcus lactis nei confronti di microorganismi gasogeni come Clostridium tyrobutyricum sono state realizzate quindici forme di formaggio a pasta dura, stagionate alla temperatura di 8 °C e 14 °C per 60 giorni. Per la produzione dei campioni è stato utilizzato latte termizzato (contaminazione iniziale di spore clostridiche tra 110 e 690 MPN/L) inoculato con la coltura starter FD-DVS® CO-03 (Chr.Hansen A/S). In contemporanea nove delle quindici lavorazioni sono state inoculate con Lactococcus lactis (nome commerciale Biosafe®, Chr.Hansen A/S). Come riferimento sono stati prodotti tre campioni di formaggio contenenti lisozima (coltura starter+lisozima) e tre forme contenenti esclusivamente la coltura starter. I parametri presi in considerazione
al fine di definire il piano sperimentale sono stati: inibizione Clostridium e prevenzione difetti di gonfiore; non interferenza con la coltura starter; capacità di colonizzazione; impatto sulla stagionatura e sulle caratteristiche sensoriali dei prodotti finiti. Al termine dei 60 giorni di stagionatura i campioni identificati come riferimento hanno presentato gonfiore tardivo (figura 2).

Figura 2. Prodotti dopo 60 giorni di stagionatura a 14°C

Dall’analisi degli acidi grassi volatili emerge che i campioni con gonfiore tardivo, hanno un contenuto di acido butirrico e propionico (mg/100g) più alto rispetto ai campioni contenenti lisozima e L. lactis. Dai risultati mostrati in figura 3, è evidente una maggiore presenza di acido propionico nel controllo, dopo 60 giorni di stagionatura alla temperatura di 14 °C. Non si evidenziano differenze significative tra gli altri campioni.

Figura 3. Contenuto di acido propionico e butirrico

Dall’analisi sensoriale emerge che in assenza di lisozima e L. lactis dopo 60 giorni di stagionatura alla temperatura di 14 °C il formaggio potrebbe presentare un gusto significativamente differente, in particolare il gusto amaro al quale è stato attribuito un punteggio di 3/5 rispetto agli altri campioni analizzati che hanno totalizzato 1/5. Dai risultati ottenuti, si può concludere che la presenza della coltura bioprotettiva di L. lactis nelle condizioni di caseificazione adottate consente di limitare il gonfiore tardivo senza compromettere le caratteristiche sensoriali del formaggio e non interagisce negativamente con la coltura starter impiegata.

La bibliografia è a disposizione presso la redazione.