Gli italiani hanno fiducia nell’industria alimentare nazionale

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È stato appena presentato il primo rapporto Federalimentare – Censis sul “valore economico e sociale dell’industria alimentare italiana”. È toccato al direttore Censis Massimiliano Valerii inquadrare l’importanza e il peso economico dell’industria agroalimentare con questi dati. Fatturato annuo: 179 miliardi di euro; numero di imprese: 60mila; numero di addetti: 464mila; export: 50,4 miliardi di export.

Dati che assumono un peso ben maggiore se poi si considera l’intera filiera alimentare (agricoltura, industria, distribuzione, ristorazione e altri settori interdipendenti in una logica B2B): fatturato annuo di 607 miliardi di euro, 1,3 milioni di imprese e 3,6 milioni di addetti. In dieci anni il fatturato della filiera ha segnato un incremento reale del 12%, mentre gli addetti sono aumentati del 10,8%. Il fatturato della filiera del food italiano ha un valore pari al 31,8% di quello del Pil.

I driver dell’acquisto degli italiani

Per l’89,9% (di cui il 43,8% come molto importante) è molto o abbastanza importante variare le pietanze tra pranzo e cena e tra i vari giorni della settimana. Per l’89,2% (il 42% molto importante) è molto o abbastanza importante rispondere a gusti, esigenze, preferenze di tutti i membri della famiglia. L’86,5% giudica importanti (di cui il 52% molto importanti) le promozioni, le offerte e gli sconti, il 73,5% (il 24,2% molto importante) la ridotta disponibilità di tempo per pensare e fare la spesa e l’87,9% (il 37,3% molto importante) la facilità con cui i prodotti si trovano nei luoghi di acquisto. Poi, l’84,3% reputa importante (di cui il 43% molto importante) che i prodotti non scadano subito, il 71,9% (22,4% molto importanti) la facilità e la rapidità per cucinarli; l’89,7% (di cui il 52,9% l’elevata importanza) reputa importante un’etichettatura semplice, con informazioni comprensibili e verificabili in piena trasparenza, l’80,7% (il 28,4% molto importante) la fiducia nelle marche/aziende e il 68,2% reputa importante (il 26,9% molto importante) il contenuto calorico dei prodotti.

Cosa mangiano gli italiani?

Il 92,7%, di cui il 68,8% abitualmente e il 23,9% di tanto in tanto, afferma di “mangiare abitualmente di tutto con attenzione, senza eccessi ma senza vincoli rigidi o regole specifiche”. Il 38,6% abitualmente e il 39,2% di tanto in tanto, dichiara di privilegiare alimenti vegetali, senza però esclusione di carne e pesce, che consumano con una certa regolarità ma con moderazione. E a scorrere: il 7,1% si professa vegetariano e il 4,3% vegano o vegetaliano; il 10,9% segue una dieta prescritta da un medico o da un nutrizionista e al 32,4% capita di sospendere per un periodo o in modo permanente il consumo di uno o più prodotti alimentari poiché pensa di essere intollerante.

Questione di stile

Il 42,1% degli italiani a tavola nel quotidiano si definisce un abitudinario, cioè mangia più o meno sempre lo stesso cibo. Al 20,5% piace sperimentare, il 9,2% ha un imprinting salutista, il 7% si dichiara un appassionato (cura la spesa e gli piace cucinare), il 6,3% vuole sempre e solo prodotti italiani. Infine, il 5,8% si reputa un convivialista in quanto considera il cibo importante perché occasione per stare con gli altri mentre solo il 4,4% si descrive come godereccio, perché mangia sempre quel che gli piace.

I valori di base

Il 66,7% si dice pronto a rinunciare a prodotti che potrebbero essere dannosi per la salute, il 52,6% a quelli non in linea con criteri di sicurezza alimentare. Il 43,3% si dice pronto ad abbandonare gli alimenti la cui produzione e distribuzione non rispettano l’ambiente, il 35,6% a quelli per la cui produzione non sono tutelati i diritti dei lavoratori e dei fornitori.

Comunque l’86,4% degli italiani dichiara trasversalmente di avere fiducia nell’industria alimentare: il 93,8% degli anziani, l’84,2% degli adulti e l’81,6% dei più giovani.

In relazione al rapporto tra costi e benefici per la società in generale, l’80% degli italiani ritiene che l’industria alimentare italiana generi più benefici che costi, il 20% invece ritiene sia vero il contrario.

 

 

Fonte: apporto Federalimentare – Censis “Il valore economico e sociale dell’industria alimentare italiana”