Misura delle proteine vecchi e nuovi metodi

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Il titolo caseinico è l’indicatore più efficace della qualità del latte rispetto alle proteine totali, parametro utilizzato in Italia per il pagamento latte qualità. Intanto si fa strada un nuovo metodo, il DIAAS, per valutare la qualità delle proteine, a tutto vantaggio dei prodotti lattiero-caseari.

La destinazione principale del latte in Italia è la caseificazione, spesso associata alla produzione di formaggi tipici. In produzioni di questo genere la caseina costituisce una caratteristica fondamentale del latte in quanto strettamente legata a importanti parametri caseari. Una variazione del contenuto di caseina dello 0,37% corrisponde una modificazione della resa casearia a 24 ore di un chilo di Parmigiano Reggiano per ogni cento chili di latte. Sembra quindi corretto indicare il titolo caseinico come indicatore più efficace della qualità del latte rispetto alle proteine totali, parametro utilizzato attualmente in Italia e in altri Paesi per il pagamento latte qualità. Alcuni laboratori, da alcuni anni, determinano il contenuto di caseine nel latte a fianco di quello in proteine, ma poche cooperative lo richiedono per il pagamento qualità. D’altra parte il miglior indicatore in questo caso sarebbe quello della K-caseina per la quale però non esiste a tutt’oggi una metodica applicabile su grandi numeri di campioni. Recentemente, in alcuni prodotti a base di latte neozelandese, destinati all’alimentazione dell’infanzia cinese, sono state rinvenute tracce di diciandiamide (DCD), impiegato come inibitore di nitrificazione nella concimazione dei prati adibiti al pascolo, per la sua capacità di ritardare il rilascio dei nitrati nel terreno. Sostanze indesiderabili come urea, melamina, DCD ecc. innalzano il contenuto dell’azoto totale e quindi del valore proteico totale calcolato. La misurazione delle proteine complessive, quindi, oltre a non essere l’indicatore più efficace della qualità del latte, potrebbe “mascherare” eventuali contaminazioni o adulterazioni, atte per esempio ad innalzare proprio il valore di proteine totali. Il problema dell’azoto non proteico pagato come proteine sembra essere però più formale che sostanziale. Nel caso di proteine infiammatorie esiste già nel sistema di pagamento un correttivo: in presenza di elevati tenori in cellule somatiche il premio proteine viene annullato. L’apporto di azoto ureico riesce a influire invece in misura apprezzabile sul titolo in proteine totali soltanto quando si raggiungono livelli di eccesso ureico estremi. In questi casi l’eventuale premio attribuito alle proteine è completamente annullato dalla pessima condizione sanitaria della mandria conseguente al forte squilibrio alimentare. Aspetti relativi a melanina o altri tipi di possibili sofisticazioni non dovrebbero far parte del campo applicativo del pagamento qualità, ma riguardano aspetti di frode commerciale ed eventualmente di rischio sanitario. La misura della caseina al posto delle proteine totali, infatti, non ci metterebbe al riparo da eventuali frodi commerciali o sanitarie. La determinazione delle sieroproteine, comunque, non è oggi applicabile su grandi numeri di campioni se non a costi decisamente elevati.

Misurare la caseina può diventare routine

ANARB, Associazione Nazionale Razza Bruna, ha collaborato negli anni all’effettuazione di caseificazioni sperimentali con lo scopo di mettere in evidenza l’effetto dei diversi parametri qualitativi del latte sulle rese casearie. Esiste la possibilità di determinare il contenuto di caseina nel latte con metodo automatico (IR) mediante spettrometro infrarosso a trasformata di Fourier (FTIR, Fourier Transform Infrared Spectroscopy). Ciò potrebbe consentire di analizzare, su ciascuna singola bovina, la percentuale di caseina del latte a costi contenuti e con tempi compatibili con l’operatività dei controlli funzionali. Una ricerca di ANARB, Dipartimento VSA Università di Milano e Veneto Agricoltura-Istituto per la Qualità e le Tecnologie Alimentari di Thiene ha valutato l’efficienza del metodo automatico e la conseguente possibilità di impiegare direttamente nelle valutazioni genetiche il carattere “produzione di caseina”, avvicinando così maggiormente il carattere oggetto di selezione, all’obiettivo di produzione di formaggio che caratterizza appunto la Bruna Italiana. Per 300 dei 1000 campioni analizzati, al fine di verificare l’affidabilità del metodo automatico, è stata calcolata la percentuale di caseina anche col metodo di riferimento che ricava tale parametro come differenza tra il contenuto di azoto totale, determinato mediante Kjeldahl, e l’azoto non caseinico, determinato mediante Kjeldahl sul filtrato dopo precipitazione con tampone acido acetico-acetato (FIL-IDF 29:1964). Lo studio ha sottolineato l’evidente somiglianza tra i due metodi d’analisi utilizzati per calcolare il contenuto di caseine nel latte (metodo automatico e metodo di riferimento). I due metodi hanno portato, infatti, a risultati molto simili tra loro a dimostrazione del fatto che l’utilizzo del metodo automatico per l’analisi delle caseine è affidabile e, al contrario del metodo di riferimento, grazie alla sua economicità e velocità, può essere utilizzato per l’analisi routinaria dei campioni dei controlli funzionali. Dallo studio sui dati è emerso che l’indice di caseina può variare anche in maniera consistente, per cui a pari contenuto proteico possono corrispondere differenti rese casearie e questo sottolinea l’importanza di conoscere, per ciascun soggetto, l’effettivo contenuto di caseina nel latte.