Negoziato transatlantico USA-UE27

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I commenti statunitensi

Tempestivamente, lo stesso giorno del lancio dei negoziati TTIP, i responsabili del settore lattiero-caseario statunitensi hanno accolto con favore l’annuncio. Jerry Kozak, CEO di NMPF (National Milk Producer Federation – Federazione nazionale dei produttori latte) ha dichiarato: «NMPF crede che esista un considerevole potenziale per aumentare le esportazioni lattiero-casearie nell’Unione Europea. Se l’Accordo Transatlantico attaccherà efficacemente nel vivo, non solo negli accessi al mercato, ma anche nel campo delle barriere non doganali, gli Stati Uniti potranno fare progressi nel mercato lattiero caseario dell’Unione Europea». In perfetta sintonia, sostiene l’argomentazione Tom Suber, presidente USDEC (U.S. Dairy Export Council – Consiglio per l’export lattiero-caseario degli Stati Uniti): «In termini globali l’industria lattiero-casearia statunitense è tra i maggiori esportatori globali. Nonostante la larga dimensione del mercato lattiero-caseario dell’UE, gli USA hanno totalizzato nel 2012 circa 88 milioni di $. Ciò accade non per mancanza di competitività, bensì per tariffe doganali e non, che contrastano gli esportatori che cercano di entrare in quei mercati. Nel mentre l’Unione Europea è felice di esportare le proprie eccedenze per circa 1,2 miliardi di $ negli Stati Uniti; intanto gli USA esportano 5,2 miliardi di $ in tutto il mondo. Noi crediamo che l’Accordo Transatlantico potrà fare molto per orientare l’export lattiero-caseario in modo maggiormente reciproco fra Stati Uniti e Unione Europea». Proseguendo nell’argomentazione, all’unisono Kozak e Suber mettono in risalto le dissonanti opinioni in merito ai prodotti aventi Denominazioni d’Origine Protette, sulla sponda est e ovest dell’Atlantico, in merito alle DOP e IG.

Le visioni contrastanti

A livello istituzionale, nell’Unione Europea, la base legale e irrinunciabile delle Denominazioni di Origine Protette e delle Indicazioni Geografiche è contenuta nel reg. 1151/2012, ed è radicata anche nel riconoscimento delle Indicazioni Geografiche a livello del WTO, quale diritto di proprietà intellettuale. Negli Stati Uniti, invece, le indicazioni geografiche sono protette attraverso i marchi, un sistema privatistico che per certi aspetti rende problematica la salvaguardia della componente “partecipativa” all’interno della stessa indicazione geografica, e che non facilita la tutela giuridica dei nomi geografici. A livello non governativo, OriGIn, l’organizzazione che rappresenta 350 associazioni di produttori di indicazioni geografiche nel mondo, tramite il suo Direttore Massimo Vittori precisa: «Se da un lato l’importanza socio-economica delle indicazioni geografiche nell’Unione Europea è un dato consolidato, dall’altro il fenomeno è in forte crescita nel resto del mondo, compresi gli Stati Uniti. A titolo d’esempio, secondo uno studio indipendente (Stonebridge Research) è stato calcolato che l’impatto economico nell’area geografica di riferimento di un’indicazione vinicola come Napa Valley è di circa 11 miliardi di dollari l’anno». In definitiva, dal punto di vista lattiero-caseario, i punti irrinunciabili dei negoziati includono:

  • la coesistenza dei sistemi IG e dei marchi commerciali registrati;
  • la protezione tramite azione amministrative (ex officio) in aggiunta ai rimedi giudiziali;
  • il divieto dell’uso della traduzione del termine protetto;
  • la definizione temporale della moratoria per gli utilizzi in buona fede, al momento della firma dell’Accordo.

Contrariamente alla visione europea, i regolamenti dell’Unione Europea in materia (prima 510/2006, poi 1151/2012) sono ritenuti negli USA quali inaccettabili “barriere non tariffarie” per le quali si chiede la parziale rimozione dell’uso riservato e restrittivo delle IG e dei TT (Termini Tradizionali) degli alimenti. In tal proposito, il settore lattiero-caseario statunitense chiede ai responsabili dei negoziati di affrontare in modo separato questa tematica, in un apposito forum staccato dal vasto Accordo Transatlantico per assicurare equilibrate soluzioni ai contenziosi storici preesistenti. A sostenere le voci dei singoli trasformatori, provvede il CCFN (Consortium for Common Food Names – Consorzio per le denominazioni alimentari generiche), per il quale il sistema europeo proteggerebbe indebitamente nomi generici e violerebbe il sistema dei marchi commerciali.