Quando serve intelligenza

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Negli anni Cinquanta alcuni ricercatori americani svilupparono il Logic Theorist, il primo programma per computer progettato per imitare le capacità di un essere umano nel risolvere problemi matematici. L’inizio di ciò che successivamente è stata definita intelligenza artificiale (IA).

Da allora, l’IA ha innescato profondi processi trasformativi, anche in ambito agricolo, industriale e distributivo. Ma con quali obiettivi e opportunità per il settore agroalimentare?

Secondo diverse indagini, agricoltura, zootecnia e industria alimentare sono aree produttive che hanno il più alto potenziale di applicazione dell’IA. Nel settore agro-zootenico determinerà un aumento della produttività del 50% entro il 2035, migliorando l’organizzazione delle attività, anche in relazione ai problemi connessi al cambiamento climatico e allo spreco alimentare. Entro tre anni il mercato dell’IA in questo settore raggiungerà i 2,5 miliardi di dollari.

Non meno importante l’impatto dell’IA nell’industria alimentare, dove gli investimenti in robotica e IA arriveranno a quasi 30 miliardi di dollari entro il 2027. Non è un caso se negli ultimi anni importanti aziende lattiero-casearie europee hanno depositato decine di brevetti legati all’IA. Oggi, per esempio, è utilizzata per la gestione delle filiere di approvvigionamento e il miglioramento dell’igiene nella catena produttiva industriale. Soprattutto, l’IA aiuta le aziende nel comprendere le preferenze dei consumatori e, quindi, le supporta nell’interpretarle e anticiparle più efficacemente in fase di formulazione di nuovi prodotti. Con il rischio di assecondare modelli (o mode) alimentari a scapito di altri. “NotMilk”, per esempio, è una bevanda vegetale sviluppata con l’aiuto di algoritmi di apprendimento automatico che hanno contribuito a rendere il gusto del prodotto simile a quello del latte (vero). Le stesse aziende lattiero-casearie utilizzano l’IA per sviluppare prodotti a base vegetale alternativi o concorrenti di quelli derivati dal latte. Da tempo sono stati sviluppati algoritmi di “plant-matching” che permettono di scegliere e combinare le diverse proteine e fonti vegetali per ottenere “prodotti caseari” con proprietà tecnologiche e nutrizionali paragonabili a quelle dei veri formaggi.

Negli ultimi dieci anni l’IA ha fatto passi giganteschi e, oggi, i vantaggi (e i problemi) collegati al suo utilizzo sollevano questioni importanti e sollecitano scelte strategiche anche nel settore agroalimentare. Il modo in cui l’IA potrà essere implementata e sfruttata dall’industria lattiero-casearia è per alcuni aspetti evidente e già nella pratica. Il suo potenziale non deve però farci dimenticare anche i limiti. A partire dai costi, anche sociali, con la potenziale perdita di posti di lavoro e, forse, nutrizionali se verranno demandate solo all’IA le scelte alimentari e l’innovazione di prodotto.