Le imprese lattiere e il mercato mondiale

1985

V088La dinamicità del mercato lattiero-caseario mondiale è ormai un fatto consolidato che ha generato sostanziali mutamenti in termini di consumo e di produzione. Alcuni Paesi li hanno innescati, altri li hanno indirizzati. Altri ancora li hanno subiti con il risultato di trovarsi in parte spiazzati o in ritardo nell’individuare metodi per confrontarsi e agire a un livello non più locale. Perché oggi il mercato lattiero-caseario è interconnesso e, in termini strutturali, il batter d’ali di una farfalla in Nuova Zelanda può provocare un tornado in Europa. L’effetto farfalla è già in qualche modo intrinseco al mercato mondiale lattiero-caseario, rappresentandone un elemento di crescita e di debolezza nello stesso tempo. Quale è, e sarà, il ruolo delle imprese lattiero-casearie europee? Per rispondere alla domanda è necessario partire da un’altra domanda, quella di prodotti lattieri del mercato mondiale. Un mercato che negli ultimi trenta anni ha visto aumentare la produzione lattiera e la popolazione, ma con una riduzione della quantità di latte disponibile pro capite. Quindi un mercato non in grado di soddisfare la domanda.

Fine delle quote e aumento della domanda: secondo molti una congiuntura quindi favorevole alle imprese europee per meglio competere nel mercato mondiale. Forse, a patto di due considerazioni. La prima è il dato relativo a un mercato lattiero-caseario UE maturo (anche per prodotti) e con solo il 15% della produzione destinata all’export. La seconda riguarda la necessità di un cambiamento di forma mentis delle imprese, necessario innanzitutto per capire cosa ricerca il mercato lattiero globale.

Negli ultimi anni, alcune imprese lattiere UE si sono mosse in questa direzione con centinaia di milioni di euro investiti per costruire impianti di polverizzazione in Olanda, Germania, Francia e Irlanda. Non solo, aziende europee fanno joint ventures con cinesi e neozelandesi per produrre in Europa derivati essiccati (proteici) del latte. Per le imprese italiane non è certo questo il terreno su cui affrontare il mercato globale. Peccato non poter più farlo in prima persona con strategie di brand visto che storici marchi italiani (e relative imprese) riconosciuti a livello mondiale sono oggi in mani di straniere. E allora? La strategia pare la solita, ossia quella di puntare sull’evergreen delle produzioni casearie “made in Italy”. Formaggi industriali e DOP che, nonostante la chiusura del mercato russo, consolidano la propria presenza sui mercati internazionali. Nonostante ciò, i mutamenti del mercato implicano adeguamenti strutturali e crescenti bisogni di innovazione. Da qui la necessità di tecnologie (e normative) per rendere più competitive le produzioni industriali, ma anche di interventi per riformare e rinforzare i servizi di internazionalizzazione delle produzioni DOP. Due facce della stessa medaglia per contrastare meglio l’effetto farfalla.