Igene e Sanificazione

L’efficienza produttiva di filiera inizia in stalla

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Le buone pratiche di allevamento

Così come avviene per le buone pratiche di fabbricazione, il concetto di buone pratiche di allevamento non è nuovo e le proposte per definire buone pratiche di allevamento sono molteplici e numerose. Paesi e organizzazioni hanno sviluppato e adottato linee guida per definire le buone pratiche di allevamento. Anche l’International Dairy Federation assieme alla FAO (FAO-IDF 2004), ha proposto specifiche linee guida per la sanità e il benessere nell’allevamento dei bovini da latte che possono essere applicate in tutti gli allevamenti, indipendentemente dalle loro caratteristiche. Tali linee guida indicano delle specifiche aree di azione quali l’ambiente fisico dell’allevamento, le pratiche di allevamento e la gestione della sanità della mandria. Queste linee guida rappresentano un importante quadro di riferimento per sviluppare un pratico programma da applicare in allevamento. In questo ambito le aree critiche ritenute da valutare sono:

  • le capacità dell’allevatore e del personale d’allevamento;
  • le disponibilità di alimento e acqua;
  • l’ambiente di mungitura e le procedure di mungitura;
  • la struttura della stalla e, più in generale, dei ricoveri degli animali;
  • la gestione della sanità dell’allevamento.

Sembrerà paradossale, ma queste non sono altro che gli aspetti che dovrebbero essere valutati quando si vuole intervenire a livello di allevamento allo scopo di ridurre eventuali problemi sanitari, migliorare il benessere animale e migliorare l’efficienza produttiva dell’allevamento stesso.

Le buone pratiche di allevamento in pratica

Tuttavia, anche se i principi sono chiari così come i potenziali benefici, bisogna tradurre l’enunciazione del principio in attività pratiche, in altre parole dobbiamo passare dal “che cosa fare” al “come fare”. Considerata la complessità del processo produttivo in allevamento, è necessario scomporlo nelle diverse fasi, al fine di realizzare programmi che possano trovare una facile applicazione e un altrettanto rapido ritorno, nei termini d’informazioni utili a migliorare la gestione dell’allevamento. Utilizzando il pratico esempio della mastite, all’interno di un BPA è necessario che in allevamento siano soddisfatti i seguenti dieci punti:

  1. registrazione dei dati produttivi e sanitari degli animali;
  2. revisione periodica del programma di controllo;
  3. definizione dinamica degli obiettivi da raggiungere;
  4. mantenimento di un ambiente idoneo per gli animali;
  5. uso di adeguati metodi di mungitura;
  6. corretta installazione, funzionamento e gestione dell’impianto di mungitura;
  7. monitoraggio dello stato sanitario delle mammelle;
  8. gestione degli animali in asciutta;
  9. terapia appropriata degli animali in lattazione;
  10. eliminazione degli animali con infezioni croniche.
Schema 2. Flow chart che illustra le fasi del programma di gestione sanitaria Gesan (Zecconi et al. 2002, 2003, 2007).

L’esempio delle mastiti ci dimostra che alcune componenti di un BPA sono già presenti in molti allevamenti (es. controlli funzionali, gestione costante della dieta, monitoraggio mungitura…). Si tratta quindi di utilizzare queste informazioni, razionalizzando il processo, implementare le componenti mancanti e, soprattutto, identificando obiettivi concreti. Le precedenti considerazioni ci hanno portato a sviluppare un programma di gestione basato su quattro importanti pilastri (schema 2):

  1. raccolta d’informazioni sulla gestione dell’allevamento in modo oggettivo;
  2. diagnosi delle infezioni mammarie corretta e puntuale;
  3. applicazione di protocolli terapeutici razionali ed economicamente sostenibili;
  4. valutazione periodica dell’andamento della sanità animale.

Tale programma di gestione sanitaria dell’allevamento del bovino da latte, denominato “Gesan”, è applicato da diversi anni in numerosi allevamenti italiani con successo (Zecconi et al., 2003 e 2010).

Conclusioni

Nell’ambito della produzione del latte le conoscenze teoriche e pratiche, le normative e gli strumenti tecnici ci sono, così come sono noti gli eventuali problemi pratici e psicologici da affrontare per poter applicare le BPA in allevamento. D’altra parte, la necessità di sviluppare e applicare i principi delle buone pratiche di allevamento mirate al miglioramento della sanità, del benessere e dell’efficienza dell’allevamento è ormai inderogabile per essere pronti a competere sul mercato. Tuttavia, solo se da un lato gli allevatori capiranno che la crescita del proprio allevamento deve necessariamente passare anche attraverso una crescita tecnica e culturale e non solo attraverso quella dimensionale e tecnologica e dall’altro le industrie di trasformazione favoriranno in modo proattivo questo processo si potrà avere una crescita complessiva del comparto lattiero-caseario italiano mantenendo l’eccellenza delle nostre produzioni, ma essendo contemporaneamente competitivi sul mercato globale.

 

Bibliografia

IDF-FAO (2004) Guide to good farming practice,
IDF-FAO, ed. (Bruxelles-Rome), p. 28.
Summer A., Franceschi P., Bollini A., Formaggioni P., Tosi F., and Mariani P. (2003) Seasonal variations of milk characteristics and cheesemaking losses in the manufacture of Parmigiano-Reggiano cheese. Vet. Res. Commun. 27: 663-666.
Whittlestone W.G. (1958). The principles of mechanical milking/by W.G. Whittlestone.
N.S.W. Milk Board by Oswald Ziegler Publications, Sydney.
Fantini A. and Zecconi A. (2012) Le malattie della produzione. Manuale per la prevenzione e il controllo. Ed. L’informatore agrario, Verona.
Zecconi A., Di Pietro M., Fantini A., and Sangiorgi F. (2010). Mastite bovina. Manuale pratico per un efficace controllo in stalla. Ed. L’Informatore Agrario, Verona.
Zecconi A., Piccinini R., and Fox K.L. (2003).
Epidemiologic study of intramammary infections with Staphylococcus aureus during a control program in nine commercial dairy herds. JAVMA 223: 684-688.

 

Alfonso ZecconiUniversità degli Studi di Milano – DIVET Laboratorio Sicurezza Alimentare