Inchiesta

Analisi sensoriale, ponte tra produzione e consumatore

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Ancora poco utilizzati nell’industria casearia, i test sensoriali consentono di individuare differenze tra formaggi affini, ponendoli a confronto, fra prodotti che vantano innovazioni tecnologiche, misurare la shelf-life di un formaggio e, se ben utilizzati dal marketing, influenzare le scelte dei consumatori. 

L’esperto aziendale non basta più. Spesso si tratta degli stessi titolari dei migliaia di piccoli caseifici che affollano il nostro Paese che decidono sulla conformità dei propri formaggi. Ma questa non sembra più essere la strada percorribile per il futuro delle produzioni casearie di qualità. Largo quindi all’analisi sensoriale per l’oggettivazione della qualità percepibile dei formaggi. L’aumento delle dimensioni aziendali, dei lotti di produzione e dei prodotti esportati e la diffusione delle certificazioni di qualità impongono l’utilizzo di tecniche rigorose e riproducibili, come sono quelle dell’analisi sensoriale. Questa consente di individuare differenze sensoriali tra formaggi affini, ponendoli a confronto, fra prodotti che vantano innovazioni tecnologiche, misurare la shelf-life di un formaggio, influenzare le scelte dei consumatori se ben utilizzata dal marketing. La descrizione del profilo sensoriale è indispensabile per (fonte: “Atlante sensoriale dei prodotti alimentari”, Tecniche Nuove):

  • individuare i driver sensoriali dell’accettabilità dei prodotti e delle preferenze dei consumatori; ottimizzare, differenziare o innovare un prodotto;
  • studiare le relazioni tra proprietà sensoriali e caratteristiche chimico-fisiche allo scopo di definire indici chimici collegati alla conformità del prodotto a proprietà sensoriali date;
  • stimare l’effetto delle materie prime, delle condizioni di processo, di conservazione e packaging sulle proprietà percepibili di un prodotto;
  • comunicare le proprietà percepibili del prodotto.

In aggiunta per i formaggi DOP e tipici, l’analisi sensoriale contribuisce a identificare gli attributi sensoriali legati all’origine e al sistema di produzione, fungendo da ulteriore forma di protezione per le denominazioni di origine dalle numerose imitazioni. A oggi però, nell’industria casearia, i test sensoriali sono ancora approssimativi e sottoutilizzati. Anche per gli stessi DOP spesso ci si limita a verificare la conformità del formaggio al disciplinare, che stabilisce parametri organolettici e requisiti a volte vaghi e diffcilida definire in maniera oggettiva e ripetibile. Le resistenze maggiori? Voglia di mettersi in gioco, il tempo, la difficoltà di reclutare il personale (giudici addestrati e consumatori) e, naturalmente, i costi da sostenere sia per le grandi aziende casearie che per quelle di dimensioni più piccole che devono appoggiarsi a laboratori specializzati.

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Alessandra Del Caro, Dipartimento di Agraria, Università degli Studi di Sassari

Le tecniche di analisi sensoriale sono un insieme di metodi, la maggior parte dei quali peraltro normati ISO, che possono essere utilizzati indifferentemente per qualsiasi tipo di alimento. Non esistono tecniche esclusivamente peculiari ai formaggi in quanto ai formaggi possono essere applicati tutti i tipi di test sensoriali, siano essi discriminanti, descrittivi o affettivi, in funzione dell’obiettivo che si vuole raggiungere. Qualsiasi alimento può essere descritto da diversi attributi, i quali devono essere in primo luogo oggettivi e misurabili e soprattutto il più possibile legati alle caratteristiche chimiche, chimico-fisiche e tecnologiche del prodotto in esame.

Per fare alcuni esempi l’applicazione dei test discriminanti (es. test triangolare, Duo- Trio ecc.) permette di distinguere formaggi che mostrano minime differenze fra loro, come accade ad es. quando si ottiene un formaggio con una determinata tecnologia e lo si vuole comparare con un formaggio prodotto nello stesso identico modo ma con minime differenze tecnologiche (es. diversa temperatura della cagliata oppure pressatura o no della forma oppure ancora diversa modalità di conservazione). L’obiettivo di questi test è quello di dimostrare che due campioni sono differenti o simili.

Il panel di giudici deve essere in grado di identificare queste minime differenze. I test descrittivi invece vengono impiegati per descrivere gli aspetti sensoriali qualitativi e quantitativi di un prodotto. Sono quindi utilizzati per la definizione delle caratteristiche sensoriali dei prodotti e per la quantificazione dell’intensità di queste caratteristiche. Anche in questo caso le applicazioni possono essere diverse: individuare differenze sensoriali in prodotti che hanno subito modifiche tecnologiche (ad es. innovazioni), definire e valutare attributi che possono essere fondamentali nel controllo di qualità, valutare la shelf life dei prodotti, descrivere con accuratezza i prodotti a denominazione di origine.

È chiara quindi l’importanza di un corretto utilizzo dell’analisi sensoriale anche per quanto riguarda l’influenza che un profilo sensoriale, appartenente ad una certa tipologia di formaggio, può avere sulle scelte d’acquisto dei consumatori. L’analisi descrittiva serve anche per comunicare ai consumatori le proprietà percepibili dei prodotti e quindi svolge un compito estremamente importante nell’ambito del marketing.

Sempre in riferimento al marketing tutte le tecniche di analisi sensoriale, discriminanti e descrittive sono di grande aiuto perché permettono di comparare un prodotto con uno della concorrenza; possono essere usate per sviluppare un nuovo prodotto o per riposizionare un prodotto già esistente sul mercato. A questi test devono ovviamente seguire i test affettivi che permettono di valutare il gradimento o la preferenza per quel tipo di prodotto, permettendo quindi una stima delle probabilità di successo di un prodotto.

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