Contaminanti, situazione in evoluzione

3841

I dati sulla presenza di contaminanti in latte e formaggi sono abbastanza incoraggianti. Attenzione particolare, però, al problema aflatossina M1, antibiotico resistenza e migrazione di sostanze dai packaging.

La qualità di latte e formaggi è influenzata dai possibili contaminanti di varia natura come microrganismi e sostanze indesiderate per motivi tecnologici oppure, più importante, per la sicurezza del consumatore. Al primo gruppo appartengono le contaminazioni da batteri o loro tossine che possono derivare direttamente dagli animali (patologie trasmissibili all’uomo) o dall’ambiente (allevamento o caseificio). In quest’ambito gli operatori hanno in genere la possibilità di tenere sotto controllo il problema, riducendo o eliminando il pericolo per il consumatore, attraverso interventi di monitoraggio e miglioramento sulla sanità degli animali o sulle procedure igieniche di produzione e trasformazione. La fase di pastorizzazione rappresenta, per esempio, un punto cardine proprio per ridurre o eliminare gli effetti delle contaminazioni batteriche di latte e derivati (anche nei formaggi a base di latte crudo esistono comunque specifiche fasi di processo che consentono di ridurre significativamente questo rischio). Le contaminazioni chimiche derivano da eventuali contaminanti ambientali quali radionuclidi (Cs134 e Cs137) e metalli pesanti (As, Cd, Cr, Fe, Hg, Pb), policlorobifenili (PCB) e pesticidi organoclorurati e organofosforati. La maggior parte di queste sostanze è resistente ai trattamenti termici e di processo e possono pertanto ritrovarsi nei prodotti finali. In molti casi inoltre, gli operatori del settore pur essendone responsabili dal punto di vista normativo, hanno poche possibilità di controllare, ridurre, eliminare queste contaminazioni. In questi casi gli interventi di controllo, prevenzione o risoluzione sono da considerare competenza diretta delle sovraordinate autorità competenti. In altri casi invece anche i contaminanti chimici possono essere efficacemente gestiti dagli operatori. L’aflatossina M1, in particolare, rappresenta una sorta di “prototipo” per comprendere il problema dei contaminanti. Deriva da un consimile (aflatossina B, presente sui foraggi) ed è trasformata dagli animali da latte in AFM1. La sua presenza e la sua quantità sono strettamente dipendenti dalle condizioni climatiche che non sono ovviamente controllabili dall’allevatore. È invece possibile tenere sotto controllo lo stato di contaminazione nei foraggi e nei prodotti derivati (farine, mangimi) e nel latte. Situazione simile quella relativa ad altri tipi di tossine di origine vegetale patogene per animali o uomo (zealarenone, ocratossine, fumonisine).

Il contributo dell’ISS

L’Istituto Superiore di Sanità (ISS), come “authority” scientifica nazionale per la sanità pubblica veterinaria e la sicurezza alimentare, ha il compito di aggiornare e innovare gli strumenti per la tutela delle filiere zootecniche. Per esempio, un aspetto importante è l’applicazione di approcci HACCP all’azienda zootecnica: questo richiede strumenti tecnologici nuovi, utilizzabili nell’ambiente aziendale nonché dal costo conveniente. L’obiettivo reale delle tecnologie innovative dovrebbe essere, infatti, la predizione piuttosto che il controllo, cioè consentire l’identificazione precoce e, pertanto, la correzione di potenziali pericoli. Un esempio è la piattaforma di sensori e biosensori BEST (brevetto europeo dell’ISS in collaborazione col CNR), di cui al momento (novembre 2012) si sta valutando l’uso in azienda lattiera; la piattaforma mira a fornire un insieme integrato e simultaneo di segnali riguardanti la presenza di contaminanti (come pesticidi, metalli), residui (antibiotici), qualità del latte e metabolismo animale, forniti da un dispositivo operante in filiera, applicabile, fra gli altri, alle macchine mungitrici.

Potenziali rischi dalle pellicole estensibili

«Vorrei porre l’attenzione soprattutto sulle sostanze volatili che dal packaging possono migrare nei formaggi, alimenti che possono rappresentare matrici ideali per estrarre tali sostanze. Questa possibilità è stata dimostrata nella sperimentazione condotta nell’ambito del progetto “Il confezionamento dei formaggi in pellicole estensibili: studio di problemi di migrazione e delle condizioni di utilizzo nella conservazione di formaggi tipici lombardi (Fortipack)”, finanziato dalla DG Agricoltura Regione Lombardia, i cui risultati sono stati pubblicati nel Quaderno della ricerca a settembre 2010» spiega Luca Chiesa, ricercatore presso il Laboratorio di ispezione degli alimenti di origine animale del Dipartimento di scienze e tecnologie veterinarie per la sicurezza alimentare dell’Università degli Studi di Milano che

GC-MS per l’analisi di inquinanti ambientali come diossine, PCB e IPA

con la collega Sara Panseri e Ivano De Noni–DiSTAM, Università degli Studi di Milano si è occupato di Fortipack. «Dal progetto è emerso che, nonostante le problematiche più volte sollevate sulla sicurezza d’uso delle pellicole estensibili (PES) a base PVC, esse sono le più commercializzate dalla GDO per il confezionamento in ambito domestico. Queste pellicole sono anche quelle che trovano più larga applicazione per la vendita immediata dei formaggi, inclusi alcuni DOP lombardi, a livello GDO. Per migliorare alcune caratteristiche delle PES è in atto una continua evoluzione delle formulazioni utilizzate per la loro fabbricazione; evoluzione che deve essere attentamente considerata poiché, come rilevato nel progetto, può determinare nel tempo la variazione del tipo e della quantità di molecole volatili in grado di migrare dalle PES al formaggio. I risultati hanno evidenziato come tutti i campioni di PES a uso domestico analizzati, con o senza PVC, contenevano alcune molecole non più utilizzabili ai sensi della vigente normativa per la fabbricazione di materiali plastici destinati a venire a contatto con gli alimenti. In formaggi conservati in pellicole di PES in PVC a uso GDO sono stati osservati fenomeni di migrazione di plasticizzanti, anche con attività biocida come la triacetina, ancorché inferiori ai limiti di legge. Tutte le PES a uso GDO studiate hanno incrementato i livelli naturali di idrocarburi aromatici dei formaggi DOP utilizzati nel progetto. Altri imballaggi come le vaschette di polistirene possono favorire fenomeni di cessione di idrocarburi aromatici al formaggio. Questo vale soprattutto per i formaggi che, come il Gorgonzola DOP, più si avvalgono di questa tipologia di confezionamento».