Istantanea Ismea su filiera del latte alimentare bio

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Nel 2021 Ismea ha realizzato lo studio “Analisi della catena del valore di filiere agroalimentari biologiche. Filiera latte alimentare”. L’indagine, pubblicata a marzo 2022,  analizza la distribuzione del valore lungo la catena di produzione del latte biologico a uso alimentare evidenziandone i margini di crescita. Eccone gli esiti.

Produzione e import

La produzione italiana di latte (convenzionale e biologica) ammonta a circa 12 milioni di tonnellate, di cui 2,3 a uso alimentare. Focalizzandoci su quella biologica si parla di circa 260mila tonnellate, di cui circa 40 destinate a uso alimentare fresco.

Le importazioni di latte si aggirano complessivamente attorno a 1.700.000 ton.

Circa le importazioni di latte biologico, che pare non siano irrilevanti (alcuni operatori le stimano in 30-40.000 ton), non si dispone di informazioni ufficiali, in quanto ISTAT non rileva la differenza tra prodotto biologico e convenzionale.

La maggior quota di latte biologico importato (soprattutto da Austria e Slovenia) è di certo destinata alla produzione casearia, ma una parte del latte importato, direttamente confezionato o sfuso e lavorato in Italia, arriva sugli scaffali come latte biologico fresco.

Consumi e distribuzione

I consumi nazionali di latte biologico fresco si collocherebbero tra 45 e 50 mila tonnellate, per un valore al consumo di 80 milioni di euro. Il latte biologico fresco è soprattutto alto pastorizzato e microfiltrato, mentre il pastorizzato fresco sta via via perdendo quota. Le aziende produttrici (o i gruppi) di latte fresco a livello industriale sono circa 30, di cui due terzi hanno in portafoglio latte fresco biologico.

Per quanto concerne la distribuzione del biologico fresco pur non disponendo di informazioni precise, si può ritenere che il mondo Gdo, inclusi gli specializzati nel biologico e i discount, esprima una quota attorno al 70-75%.

Tutti i grandi retailer (Coop, Esselunga, Carrefour, Despar, Conad, Gruppo Sun, Lidl, Md, Eurospin, ecc.) sono attivi con le loro marche commerciali nel latte biologico fresco, che si stima abbiano una quota attorno al 30% sul latte biologico presente nei loro lineari.

Nonostante il latte biologico si sia ritagliato un ruolo importante sullo scaffale dei supermercati l’incidenza non supera il 4%.

Modelli produttivi a confronto

L’analisi inoltre ha evidenziato come il prezzo alla stalla riconosciuto all’allevatore nel 2021 sia stato più alto di circa il 35% rispetto al convenzionale ma comunque non sufficiente a coprire i costi di produzione che spesso sono più del doppio.

Nel modello produttivo più comune, ovvero quello dove la stalla cede il prodotto crudo a un confezionatore privato o a una cooperativa, il margine netto è negativo per cui è come se l’allevatore perdesse 0,017€ per litro di latte conferito.

La situazione migliora se nel bilancio si considerano i contributi pubblici e il guadagno dato dalla vendita dei vitelli o degli animali a fine carriera. La valutazione della filiera integrata, cioè quella contraddistinta da una vendita diretta di latte da parte delle aziende, mostra un quadro diverso caratterizzato da una marginalità soddisfacente dovuta al prezzo di vendita mediamente più alto e dalla riduzione dei passaggi lungo la filiera. Per ovvie ragioni però questo modello veicola volumi residuali e contraddistingue solo le realtà produttive medio piccole.