A grandi linee e secondo i dati disponibili, in Italia, durante i trenta anni del regime delle quote latte, i produttori latte hanno subito una vera e propria decimazione (da 350.000 a 35.000 circa); le vacche da latte sono state dimezzate (da 3 circa 1,5 milioni di capi); mentre nel pari periodo il latte prodotto è aumentato (da 10,1 a 10,8 milioni di tonnellate). Quali saranno gli scenari della filiera latte nel 2030, 15 anni dopo la fine del regime quote latte? Quali saranno gli aspetti economici, politici, sociali ed ambientali che emergeranno? Quali saranno i maggiori elementi in grado di influenzare e modificare la situazione? Interrogazioni tanto interessanti quanto inquietanti, alle quali è stata data risposta con la pubblicazione della ricerca: “Quale futuro per i produttori latte in Italia? I possibili scenari. Il progetto Innovalatte2030”, il progetto “Innovalatte2030”.
Gli importanti lavori sono stati finanziati dalla Regione Emilia Romagna e dal partner industriale InterPuls, mentre sono stati svolti dal CRPA, in collaborazione con la Fondazione Rosselli di Torino, l’Università di Bologna (DIPROVAL), l’Università olandese di Wageningen. Nello svolgimento dello studio, è stata utilizzata la tecnica del foresight che prevede fasi successive in un processo sistematico e partecipativo, attraverso l’elaborazione di informazioni e conoscenze, tendenti a costruire visioni futuribili nel medio-lungo termine di un dato sistema socio-economico. Il volume stampato da Maggioli Editore, è identificato dal numero ISBN 978-88-387-8072-1.
Individuazione degli elementi d’indirizzo (driver)
La produzione di latte di oggi, e ancor di più di domani, è e sarà orientata anche dalle politiche dell’ambiente, del benessere animale, oltre che dalla Politica Agricola Comune e dalla Organizzazione del Commercio Mondiale e altri fattori. La politica ambientale, la direttiva europea nitrati e i decreti attuativi italiani avranno sicuramente il loro importante impatto sul tessuto produttivo lattiero e l’applicazione di tali disposizioni comporterà un abbassamento del carico di bestiame in rapporto a una data superficie, in aggiunta agli investimenti necessari per lo stoccaggio degli effluenti zootecnici. Anche la gestione delle risorse idriche avrà significative ripercussioni in termini di riduzione degli usi impropri, delle perdite e dispersioni della distribuzione, alla efficienza delle tecniche d’irrigazione.
Il benessere animale sarà maggiormente rilevante nella gestione dell’allevamento e plausibilmente dovranno essere recepite e rispettate le così dette “Buone Pratiche Zootecniche (BPZ)” a coperture delle cinque macro aree: direzione aziendale e personale, sistemi di allevamento e stabulazione, controllo ambientale, alimentazione e acqua di bevanda, igiene-sanità e aspetti comportamentali. Sin dal trattato di Roma 1957 che ha gettato le basi, entrato in vigore nel 1962 la Politica Agricola Comune (PAC), ha introdotto stimoli rilevanti e ineludibili nella filiera latte nazionale. Uno per tutti: il trentennale regime delle quote latte. Ora, senza entrare nel merito dei singoli capoversi, l’importante ricerca esamina nel dettaglio le misure di intervento previste dai bilanci europei: misure di mercato, pagamenti diretti a sostegno del reddito degli allevatori, misure di gestione del rischio, misure per favorire l’aggregazione, la tutela e la valorizzazione dei prodotti agroalimentari di origine (DOP, IGP, STG), normativa sull’etichettatura, ricerca e innovazione.
Archiviato l’insuccesso dei negoziati multilaterali l’Organizzazione del Commercio Mondiale (World Trade Organisation – WTO) sta percorrendo con significativi risultati il cammino dei negoziati bilaterali (vedi focus sul numero di maggio de’ IL LATTE), tra i quali il Negoziato Transatlantico USA-UE28 rappresenta la spina dorsale del commercio mondiale (circa 1/2 del PIL mondiale e 1/3 del commercio mondiale). Un trattato fortemente voluto in sede politica, con l’agricoltura europea a svolgere un ruolo importante ma non sicuramente primario in termini di numeri. In futuro il commercio mondiale non implica solamente l’apertura dei mercati e la riduzione delle tariffe doganali, comportando inoltre veri e propri negoziati con i Paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) i quali a loro volta, non potranno più operare in maniera autonoma o estemporanea.
Negli anni a venire, determinante sarà il ruolo giocato dalla innovazione tecnologica in termini di automazione del lavoro, di maggiore richiesta di prodotti di qualità in un quadro sostenibile, di crescente esigenza di miglioramento delle condizioni di lavoro. Ovviamente, la ricerca approfondisce le tematiche degli edifici, delle attrezzature, degli impianti, delle tecniche di monitoraggio e dei sistemi di gestione aziendale con particolari approfondimenti in merito all’uso delle risorse energetiche, idriche e di produzioni energetiche rinnovabili. Per quanto concerne le nuove domande della società, si sottolinea la valenza polifunzionale dell’agricoltura, evidenziando le produzioni di qualità, di agricoltura biologica, della filiera corta, del contoterzismo, della biodiversità, dei servizi ambientali e paesaggistici, dell’agriturismo, delle fattorie didattiche e agriasili, e persino dei servizi riabilitativi/terapeutici.
Attenti approfondimenti sono stati riservati al miglioramento genetico quale fattore tra i molteplici implicati nella co-evoluzione della zootecnia da latte e della relativa industria di trasformazione. Importanti contributi sono attesi dal sessaggio del materiale seminale ed embrionale per l’ottenimento di animale del sesso desiderato, quale vantaggio rilevante nella efficienza dell’allevamento delle progenie di pregio. Non poteva mancare l’analisi del cambiamento climatico in corso, della concentrazione dei gas serra e degli altri elementi rilevanti causati dal cambiamento del clima. La conclusione degli elementi di indirizzo della filiera latte verso l’anno 2030 spetta al ruolo sociale proprio del produttore latte nel quadro complesso della società moderna e della sua evoluzione.
Il dato di base parte da una condizione di lavoro scarsamente riconosciuta e da uno status sociale dell’allevatore non proprio elevato. Molte speranze sono riposte nel cambio generazionale, anche se l’attività stressante in aggiunta alla non elevata redditività aziendale facilità la chiusura delle stalle, rendendo difficile il ricambio generazionale stesso.