Latte con tracce di fertilizzanti

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In alcuni prodotti a base di latte neozelandese, destinati all’alimentazione dell’infanzia cinese, sono state rinvenute tracce di un inibitore della nitrificazione. Dura la risposta cinese: quarantena per tutte le importazioni di latte e derivati. Mentre in NZ si parla di contaminazione casuale, permangono seri dubbi sull’adulterazione per vantaggio economico.

Il latte contaminato

Durante controlli sui derivati del latte, implementati dopo lo scandalo del latte contenente “melamina” del 2008, sono state trovate tracce di “diciandiamide” (DCD, vedi box) in prodotti destinati all’infanzia cinese. Dopo gli allarmi del caso, le attenzioni sono state maggiormente indirizzate verso la società San Lu del gruppo cinese Shijiazhuang San Lu Group (partecipata dal dicembre 2005, al 43% dalla neozelandese Fonterra), già coinvolta nel precedente scandalo del latte con melamina nel 2008. Successivi controlli delle produzioni di novembre 2012 furono negativi per Fonterra e, positivi per Westland Milk Products di Hokitika, NZ. Il problema diventava pertanto plurale e lasciava presagire varie ipotesi sulle cause di contaminazione. Fonti neozelandesi hanno comunicato a fine febbraio 2013 che su un totale di 1994 campioni analizzati, relativi alle produzioni dell’estate 2012, solo 371 campioni di latte in polvere e 11 di campioni di formaggi risultarono positivi alla presenza di DCD, con tracce variabili tra 0,076-2,40 ppm (mg/kg). Per inciso si precisa che le metodiche di analisi in uso oggigiorno, permettono di accertare la presenza di DCD sino a livelli molto bassi: 10 ppb (μg/kg) su matrice latte e 50 ppb sul prodotto finito.

I fatti nella versione neozelandese

L’ondata mediatica sul tema arriva a fine di gennaio, inizio di febbraio 2013. L’ipotesi maggiormente accreditata parla di ingestione impropria da parte delle lattifere neozelandesi di foraggi contaminati dal fertilizzante DCD, impiegato come inibitore di nitrificazione nella concimazione dei prati adibiti al pascolo, per la sua capacità di ritardare il rilascio dei nitrati nel terreno. Vuoi per esigenze agronomiche, vuoi per esigenze ambientali contro le emissioni dei gas serra. Intorno al 20 di gennaio, le società Ravensdown e Ballance Agri-Nutrients decisero volontariamente di sospendere le vendite dei prodotti a base di DCD. Carol Barnao, dirigente del ministero delle Industrie primarie, consapevole dei grandi rischi potenziali all’esportazione dei derivati del latte (14,5 miliardi di $NZ), cercava di prendere in mano la situazione, dicendo: «Quando siamo venuti a conoscenza che, tracce di contaminazione, erano presenti nel latte – sapendo bene che queste costituiscono un potenziale problema-, abbiamo implementato un gruppo di lavoro specifico, pur sapendo che DCD non offre rischi di sicurezza sanitaria. Purtroppo, il punto cruciale è che non esistono standard internazionali di livelli della DCD negli alimenti, appunto perché DCD non è stata considerata che possa avere un impatto sulla sicurezza alimentare». Secondo Theo Spierings, CEO di Fonterra, maggior esportatore mondiale di derivati del latte, la reazione mediatica è addirittura sproporzionata al fatto e precisa: «Abbiamo riscontri scientifici e dell’assicurazione qualità a conferma della sicurezza e salubrità dei nostri prodotti. Le nostre analisi hanno trovato solo tracce minime di DCD in alcuni campioni dei nostri prodotti. In ogni caso è importante ricordare che le piccole tracce riscontate sono 100 volte inferiori ai limiti di accettabilità fissati dall’Unione Europea».